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“Vi racconto mia nonna, tra lezioni di vita e demenza senile”

Filippo Piluso gira un cortometraggio per raccontare la malattia della nonna

Filippo Piluso: un cortometraggio per raccontare la malattia della nonna. Un Caregiver che diventa regista e decidi di immortalare l’evolversi della demenza senile della nonna, quella che lui definisce “la mia eroina, il mio primo esempio”.

Filippo Piluso da dove nasce l’idea di questo progetto?
“Decisi di realizzare questo progetto con l’intento preciso di dare una visione diversa della demenza senile e di come affrontare la convivenza con una persona malata dentro casa in maniera alternativa e più leggera nei limiti del possibile, dopo essermi confrontato con alcuni esperti nel settore.”

Quali particolari ragioni l’hanno spinta a prendere in mano la telecamera?
“La prima ragione è stata affettiva. Mia nonna è stata prima di tutto la mia eroina, il mio primo esempio. Sembrano frasi fatte, ma non avrei ricambiato tanto affetto nei suoi confronti se fosse stata solo mia nonna, senza essere Leopoldina Cirulli. Se nella mia vita ho deciso di attivarmi, fare volontariato in settori diversi ed essere un umanista, un filantropo è grazie a lei, con la differenza sostanziale che io mi son potuto permettere degli studi che hanno supportato queste basi, mia nonna no.”

Da dove nasce questo legame con sua nonna e come le ha insegnato a divetare un filantropo?
“A 3 anni mi portava ogni mattina da Luca, il barbone che aveva perso la casa e tutto il resto dopo una fuga di gas del vicino. Dormiva davanti al supermercato a Largo Preneste a Roma, e gli portavamo ogni due mattine la schiuma da barba, la pasta. Mia nonna, quando viveva ancora nella campagna dell’Alto Vastese, negli anni duri del dopoguerra, fu l’unica ad accogliere gli altri. Quei ‘brutti ceffi’ che facevano l’elemosina mangiarono per la prima volta al tavolo con mia nonna e ne rimasero sorpresi.”

Ha deciso quindi di farla diventare un’attrice, una protagonista.
“L’ho presa come attrice e ho cominciato a girare a 14 anni, passando dal comico al drammatico e, questa fusione consolidata, ha costituito la base per il mio lavoro. Oltre a questo,  ho sempre avuto un’ossessione per riprendere i tanti momenti con tutti i miei nonni, per testimoniare il passato attraverso il loro racconti di un società anni luce distante dalla nostra. Quindi, oltre alla dimensione affettiva ne ho avuta una storica.”

Che racconto ne è scaturito?
“Ho voluto raccontare lo spaccato di avere accanto a sè una persona con una memoria da pesce rosso, dai comportamenti infantili, lasciata nelle mani di badanti, a loro volta appesantite dal lavoro svolto, e difficilmente capite e ascoltate nelle loro pene; insomma, lo scenario di tantissime famiglie. Quando mi sono confrontato con i miei coetanei mi sono reso conto che almeno 1 su 2 aveva avuto un nonna/a malato di demenza senile o ancora peggio di Alzheimer o che aveva vissuto entrambe in un processo degenerativo. In questo clima di abbandono ho voluto dare una speranza a tutti quelli che vivono nella disperazione e vedono la malattia come una morte anticipata del parente. Gli ho voluto dire: non cercare di rispondere in maniera razionale, ma gioca con lei!”

Quali consigli si sente di dare ai caregivers?
“Se lei ti chiede ogni 30 secondi ‘Dove mi trovo?’ oppure ‘chi sei tu?’, non arrabbiarti perchè lei non ricorda piú il tuo nome. Ma scherza, inventati i personaggi, falla sorridere. A mia nonna ho regalato le favole per bambini dai 0 ai 6 anni e le leggeva divertita accanto a me, nelle mie lunghe sessioni di studio. Abbiamo ricominciato a fare l’orto insieme e le ho insegnato, per dargli un po’ di mobilità, a fare la cyclette. Con il degenerare della malattia è sempre piú difficile e bisogna rimodulare i propri comportamenti.”

Come è riuscito a portare avanti in pratica questo progetto?
“Per portare avanti il progetto ci sono voluti tre anni e mezzo; un progetto partito da due ragazzi, diventati sei, fino a una troupe di ’10 persone’ e se ne sono succeduti altri che hanno portato a termine il tutto. I ragazzi coinvolti sono quasi tutti tirocinanti ed alcuni già professionisti nel settore. La prima attrezzatura, a inizio riprese nel 2016, è stata fornita dall’Istituto Rossellini di Roma. Il primo fotografo Ludovico Paiela era ancora studente dell’Istituto all’epoca, il secondo fotografo Michelangelo Fratianni si è laureato al Dams di Roma Tre, il co-secenggiatore Christian Negroni veniva da Storia del Cinema alla Sapienza, così come il montatore-colorist e aiuto alla regia Gabriele Tramontozzi, oltre a un professionista del settore, addetto all’audio Gianluca Tomei. Il tutto è stato coronato dalla colonna sonora di William Correale, talentuoso musicista.”

 

 

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