Oggi è il sessantacinquesimo anniversario della Repubblica Popolare di Cina e in Piazza Bauhinia, a Hong Kong, il presidente Chun-ying Leung ha presieduto la cerimonia dell’alzabandiera. Gli studenti che da domenica invadono le piazze, tuttavia, si rifiutano di festeggiare, perché questa Repubblica a loro avviso non ha proprio nulla di “popolare”.
Decine di manifestanti, tra cui il diciassettenne leader delle proteste Joshua Wong, hanno contestato la celebrazione ripetendo con gesti e slogan la richiesta di dimissioni al capo del governo locale. Alcuni di loro sono riusciti a superare il servizio di sicurezza e prima di essere allontanati hanno apertamente protestato di fronte a Leung. La pretesa dei giovani insorti, infatti, viene ancor prima di quella per le elezioni libere. Gli organizzatori della manifestazione hanno poi convocato una conferenza stampa in cui sono state ribadite le richieste al governo e confermata, per le prossime ore, l’occupazione di una vasta zona di Hong Kong Island e del quartiere commerciale di Mongkok, nella penisola di Kowloon.
E mentre Pechino si schiera totalmente dalla parte di Hong Kong, il braccio di ferro tra Leung e gruppi democratici non accenna ad interrompersi. La comunità internazionale osserva il teatro di scontri con grande preoccupazione e il vicepremier britannico Nick Clegg ha dichiarato che intende invitare, in settimana, l’ambasciatore cinese a Londra per esprimere “sconcerto e allarme” sulla gestione delle elezioni a Hong Kong. Sono in molti ad affermare che Leung scomparirà presto dalla scena politica. Ma il problema delle elezioni, molto probabilmente, è una battaglia che toglierà forze ai manifestanti per molto tempo ancora.