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Le non profit chiedono 7 miliardi l’anno allo Stato contro la povertà

Un Piano nazionale contro la povertà “pluriennale” e con “risorse adeguate da subito”. E’ quanto chiede l’Alleanza contro la povertà in Italia che martedì al Cnel ha presentato al governo Renzi la nuova versione del Reddito per l’inclusione sociale (Reis), proposto per la prima volta all’esecutivo guidato da Letta nel luglio 2013. Nata da un’idea lanciata da Acli e Caritas, l’Alleanza ad oggi raccoglie una ventina di organizzazioni promotrici impegnate nel sociale (tra cui Acli, Caritas, Action Aid, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Confcooperative, Fio-Psd, Fondazione Banco Alimentare Onlus, Forum nazionale del terzo settore, Save the children, le tre sigle sindacali Cgil Cisl e Uil e anche l’Anci) e altrettante sono quelle che aderiscono all’iniziativa di introdurre anche in Italia, come nel resto d’Europa (Grecia esclusa) una misura nazionale di contrasto alla povertà.

Ma per avviare l’iniziativa servono risorse adeguate, con un piano di avvio di quattro anni che totalizza 17,6 miliardi: da uno stanziamento iniziale di 1,7 miliardi di euro per il 2015, ai 7,1 miliardi del 2018 (che sono la cifra annuale a regime) intervenendo sulla gran parte della povertà assoluta presente in Italia. Secondo l’Alleanza, però, i fondi necessari devono essere tutti a carico dello Stato: “A regime la misura dovrà costituire un livello essenziale delle prestazioni sociali e, dunque, interamente finanziato dallo Stato – spiega l’Alleanza – Eventuali finanziamenti con Fondi europei o altro potrebbero essere utilizzati parzialmente durante la transizione, ma solo in presenza di un chiaro impegno dello Stato per la situazione a regime”.

Alla base della misura c’è l’universalità dello strumento e un’erogazione monetaria che colmi la distanza tra il reddito realmente disponibile della famiglia e la soglia di povertà di riferimento. C’è poi la previsione di percorsi d’inserimento sociale e lavorativo e un “welfare mix” a livello locale che metta insieme l’impegno dei Comuni con quello del Terzo settore. Quest’ultimo, però, sarà maggiormente coinvolto nel progetto, dalla raccolta delle richieste, alla programmazione dei percorsi di inserimento sociale e lavorativo, fino al controllo e al monitoraggio della misura.

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