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La Corea del Nord apre al dialogo col Giappone

Una delegazione del governo giapponese è volata in Corea del Nord per la prima volta negli ultimi 10 anni. Le due nazioni infatti non hanno rapporti diplomatici diretti dal 2004 e la visita è speranza di una nuova stagione di dialogo, dopo circa un decennio di silenzio reciproco e di sanzioni bilaterali. Scopo dell’incontro è quello di valutare i progressi nell’indagine nordcoreana sui cittadini giapponesi rapiti negli anni ’70 e ’80 durante il regime comunista del dittatore Kim II Sung. La delegazione giapponese, guidata da Junichi Ihara, capo dell’ufficio per gli Affari di Asia e Oceania del ministero degli Affari Esteri del Giappone, resterà in Corea del Nord per quattro giorni fino al 30 ottobre.

I rapimenti risalgono a quasi quaranta anni fa. Dopo anni di rifiuto, solo nel 2002, durante un incontro tra Kim Jong Il e l’allora primo ministro Junichiro Koizumi, Pyonyang ha riconosciuto che i suoi agenti avevano rapito 13 giapponesi, con l’obiettivo di addestrare spie di lingua e cultura giapponese. Di questo gruppo, cinque persone sono rientrate in Giappone nel 2002; Pyongyang sostiene che le altre otto siano morte, mentre Tokyo ritiene che questo non sia vero. Inoltre, pur non avendo prove, sospetta il coinvolgimento nordcoreano in centinaia di altre sparizioni.

Dopo anni di stallo, la Corea del Nord ha accettato a maggio scorso di aprire una nuova inchiesta sui rapimenti. In cambio, il Giappone ha accettato di alleggerire alcune sanzioni unilaterali su Pyonyang, nonostante continui ad applicare le sanzioni sostenute dalle Nazioni Unite sui programmi nucleari e missilistici a lungo raggio della Corea del Nord. Ma i progressi nella nuova inchiesta sono stati più lenti di quanto Tokyo avesse sperato e per ora non ci sono state risposte definitive. Il capo della segreteria del governo nipponico, Yoshihide Suga, ha dichiarato: “Cercheremo di usare questa visita a Pyongyang per dire con forza a chi di dovere che questa questione è per noi una priorità. Vogliamo che la Corea del Nord spieghi a che punto sono le indagini sui nostri concittadini. Vogliamo che siano sinceri nella risposta”.

Il governo nipponico è sotto pressione da parte dell’opinione pubblica soprattutto per alcuni casi specifici, come quello di Megumi Yokota. La giovane venne rapita da alcuni agenti nordcoreani mentre usciva da scuola nel 1977: all’epoca aveva 13 anni. Secondo Pyongyang, Megumi si sarebbe suicidata nel 1994 dopo aver sposato un cittadino sudcoreano – anche lui rapito – e aver generato una figlia. Per provare la propria “onestà”, il regime ha restituito nel 2004 i resti mortali della ragazza, ma il test del Dna ha mostrato che non erano relativi al caso in oggetto.

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