Si sono incontrati ieri a Kuala Lampur il premier thai Prayut Chan-O-Cha e il primo ministro della Malaysia Najib Razak per fissare le condizioni per la pace. Come prima cosa i due leader hanno chiesto che tutti i gruppi ribelli cessino gli attacchi e riaprire le trattive dei colloqui. Molti analisti ed esperti di politica hanno espresso i loro dubbi al riguardo, ritenendo che le condizioni poste siano troppo rigide e non permetteranno che le trattative riprendano in tempi brevi.
Il sud della Thailandia da anni è luogo di scontri e attacchi da parte di un gruppo di ribelli separatiti musulmani, ancora più violenti nell’ultimo anno. Questi scontri hanno causato almeno 6100 morti, la maggior parte dei quali sono civili. Nella conferenza stampa che si è tenuta alla fine dell’incontro, il premier della Malayisia ha affermato di essere disposto a ridurre la presenza del suo esercito in Tahilandia se i gruppi di guerriglieri interromperanno i loro attacchi.
Secondo Razak è necessario che tutti le fazioni di ribelli si uniscano e formalizzino le loro richieste in modo tale che si avvii una “seria trattativa con Bangkok”, in quanto proprio la divisione interna ai dei separatisti nuoce alla pace. Ma la pace in quei territori sembra ancora lontana: decine di persone hanno manifestato fuori dell’ambasciata a Kuala Lampur ieri contro l’ex generale accusandolo di “aver conquistato il potere illegalmente”.