Retata di giornalisti in Turchia; secondo Erdogan sarebbero al soldo del suo oppositore per orchestrare una campagna di stampa denigratoria su false accuse di corruzione. E per eliminare il problema ha pensato bene di metterne in carcere 23, tutte “penne” considerate vicine a Fethullah Gülen, l’avversario numero uno del presidente turco. A Istanbul le manette sono scattate per il direttore dell’emittente satellitare Samanyolu Hidayet Karaca. Gli agenti non sono però riusciti ad arrestare Ekrem Dumanl, direttore del giornale Zaman, uno dei più letti nel Paese.
Una folla di persone ha protestato contro il raid, peraltro annunciato giovedì scorso: “È il giorno della vergogna”, recita un cartello; “Non si può mettere a tacere la stampa libera”, c‘è scritto su un altro. Ma il pugno duro del governo contro il cosiddetto “Stato parallelo” che vuole sovvertire il suo potere e che fa capo a Gülen sembra essere solo all’inizio. Un’azione dimostrativa per farccapire che aria tira a chi si oppone. Il premier turco Ahmet Davutoglu ha giusificato l’operazione e ha puntato il dito contro il Partito Repubblicano del Popolo, la maggiore formazione dell’opposizione: “Sono rimasti in silenzio sui tentativi di colpo di Stato. Fino a quando nel Paese ci sarà il partito Giustizia e Sviluppo (AKP) a nessuno sarà concesso di seminare l’odio e destabilizzare il potere”. Erdogan – come detto – ha accusato Gülen di aver ideato un complotto per far cadere il governo con false accuse di corruzione; il teologo musulmano dal 1999 vive in esilio volontario negli Stati Uniti.