E’ di poche ore fa la notizia del ricovero dell’ex campione di pugilato Muhammad Alì: ritorna in ospedale a causa di una nuova infezione alle vie urinarie. Stessa patologia che lo aveva costretto in un letto d’ospedale dal 20 dicembre al 7 gennaio scorsi.
Ad annunciarlo è stato Bob Gunnell, portavoce personale del campione: dovrebbe essere dimesso nelle prossime ore cosi da poter festeggiare il suo 73° compleanno con la propria famiglia. Non sarebbe in pericolo di vita, le sue condizioni sono stazionarie e la prognosi è buona.
Tre volte campione mondiale dei pesi massimi, Ali è seguito da un team di medici. Il suo portavoce si è rifiutato di dire dove è ricoverato e altri dettagli non sono stati resi noti per rispettare la privacy.
L’anziano combattente di un tempo, lo spavaldo giovanotto che invitava i rivali a colpirlo per fargli vedere cosa sapevano fare, se la passa piuttosto male. Da anni soffre di una grave forma di Parkinson, che lo obbliga a movimenti ridotti; cammina con grande fatica, il suo parlare è lento, le sue manone non sono più quelle che picchiavano duro i rivali, ora sono tremanti e deboli. E anche i suoi occhi non sono più gli stessi, hanno la luce e la dignità dei grandi vecchi, ma mostrano anche tanta stanchezza.
Per tutti Muhammad Alì resta il più grande pugile di sempre, colui che ha dato un’anima alla violenza dei pugni sul ring, ed ha trascinato milioni di appassionati con le sue gesta sportive, la sua parlantina troppo affilata per il potere, le sue polemiche con gli avversari.
Proprio 50 anni fa cambiò il suo nome: da Cassius Clay che era, scelse di chiamarsi Muhammad Alì, dopo la sua conversione all’ Islam.
Del 1974 è il leggendario match di Kinshasa con Foreman, davanti a 60mila musulmani impazziti che gli gridano ‘uccidilo uccidilo’.
Nella vita di Alì c’è un romanzo intero: fu amico dell’ attivista Malcom X, leader musulmano di potere nero; rifiutò di andare in Vietnam contro i vietcong. Oggi di quell’uomo resta la splendida dignità, l’amore dei tifosi, una marea di libri che continuano a parlare di lui. E’ la classe del campione che non è mai venuta meno.
La sua carriera sportiva termina nel 1981, eppure Muhammad Alì è sempre lì, nel posto che spetta al più grande di tutti, che ora in vecchiaia e con la malattia combatte il più difficile dei suoi match.