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Greta e Vanessa: “Sono stati mesi difficili ma non abbiamo subito violenze”

Per Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sono stati cinque mesi difficili in cui però la violenza, gli abusi sia fisici sia psicologici hanno avuto un ruolo non determinante. Le due ragazze lo hanno raccontato ai pm della Procura di Roma chiuse in due stanze della caserma del Ros in via Salaria. Una ricostruzione che restituisce il “percorso di sofferenza” che le due volontarie liberate ieri in Siria hanno dovuto affrontare dal 31 luglio a giovedì. “Non abbiamo mai ricevuto minacce dirette di morte -hanno spiegato agli inquirenti che su questa vicenda hanno avviato una indagine per sequestro di persona con finalità di terrorismo -, non c’è stato un uso sistematico della violenza. Ci sono stati momenti difficili, anche di sconforto ma mai di forte pericolo”.

Per chi indaga la detenzione delle due ventenni è stata portata avanti in un clima sostanzialmente accettabile rispetto ad altri sequestri di cittadini italiani in scenari di guerra come ad esempio in Libia. Greta e Vanessa in questi mesi sono state tenute in varie prigioni nella zona a nord della Siria e, parlando con i magistrati, hanno sottolineato che i loro carcerieri erano sempre a volto coperto. Le due ragazze non hanno quindi potuto fornire elementi utili per poter eventualmente identificare i loro banditi. L’area dove si e’ consumato il sequestro, secondo quanto ricostruito da chi indaga, sarebbe di influenza del gruppo di ribelli che operano sotto la sigla di Al Nusra, di fatto il ramo siriano di Al Qaeda.

E lo stesso ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, nella sua informativa alla Camera sulla liberazione di Greta e Vanessa, ha sottolineato che “nel corso di questa vicenda si è poi sviluppata come di consueto una sorta di guerra mediatica fra i gruppi terroristici che non esitano a fare opera di disinformazione, attribuendosi rivendicazioni e facendo filtrare indiscrezioni prive di fondamento. Attorno a questo sequestro e’ gravitata un’ampia serie di personaggi che hanno tentato a piu’ riprese di accreditarsi come mediatori e dalla cui attivita’ di intossicazione si deve una impropria azione di vero e proprio depistaggio, con riferimenti iniziali all’Isis, minacce agli ostaggi e supposti riscatti”.

Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e i sostituti Sergio Colaiocco e Francesco Scavo, che al termine dell’atto istruttorio hanno proceduto alla secretazione dei verbali, hanno chiesto alle due se avessero notizie su padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato nel luglio del 2013 sempre in Siria. “Su questo punto -hanno riferito – non possiamo fornivi notizie, perché non sappiamo nulla”. Una risposta simile e’ giunta anche in merito al pagamento di un riscatto per la loro liberazione. “Non abbiamo elementi sul pagamento di denaro per tornare in libertà”, hanno riferito.

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