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A Brescia va in scena “Raffaello. Opera prima”

Il 29 Gennaio è stata inaugurata presso il Museo di Santa Giulia a Brescia l’esposizione “Raffaello. Opera prima”. L’Angelo sarà accostato a tre prestiti straordinari: un secondo Angelo proveniente dal Musée du Louvre di Parigi, l’Eterno Padre e la Vergine dal Museo Nazionale di Capodimonte di Napoli.

Dopo Giorgione, Savoldo e Fra’ Bartolomeo, con il maestro rinascimentale si completa il progetto espositivo, promosso e organizzato da Fondazione Brescia Musei e Comune di Brescia. Si apre così con Raffaello il nuovo ciclo dedicato al Rinascimento. L’esposizione nasce con l’obiettivo di riunire i frammenti che costituivano la Pala Baronci (1500 – 1501), considerata l’opera prima di Raffaello, che vi lavorò a soli 17 anni. E pensare che il giovane Sanzio veniva già considerato come “magister Rafael Johannis Santis de Urbino”, a dimostrazione della sua precoce talentuosità.

L’opera fu commissionata da Andrea di Tommaso Baronci per decorare la propria cappella familiare nella chiesa di Sant’Agostino a Città di Castello e consegnata il 13 settembre 1501. La pala ha come tema l’incoronazione di San Nicola da Tolentino. Nel 1789, a causa di un terremoto, fu gravemente danneggiata e allora si decise di sezionarla, per ritagliare le parti meglio conservate. Fino al 1849 vennero tenuti in Vaticano, poi andarono dispersi. La mostra rappresenta l’eccezionale evento della ricongiungimento dei quattro frammenti superstiti finora riemersi. Per troppo tempo la Pala era stata conservata in vari frammenti in musei italiani ed esteri.

L’esposizione, che potrà essere visitata sino al prossimo 6 aprile, è completata dalla copia parziale dell’opera originaria realizzata nel 1791 da Ermenegildo Costantini, in prestito da Città di Castello. Al centro si trovava Niccolò da Tolentino, allora ancora beato, che schiacciava il demonio, affiancato da tre angeli. Il Santo, infatti, oltre ad essere un fervente devoto mariano, esercitava il ministero esorcistico. In mano il santo reggeva un libro aperto e un lungo crocifisso. La parte superiore della pala, assente nella copia settecentesca, mostrava una triplice incoronazione del santo, da parte di Dio Padre in una mandorla di cherubini, da parte della Vergine Maria inginocchiata e da parte di sant’Agostino con gli abiti vescovili.

 

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