Soane Patita Paini Mafi, 54 anni, nel Concistoro del 14 febbraio sarà creato cardinale: il più giovane del Collegio. L’occhio di Papa Francesco è caduto in un luogo sperduto del mondo: il Regno di Toga, un insieme di isolette a circa 3mila chilometri dalla costa orientale dell’Australia, dove è nato e cresciuto il vescovo Mafi. Per il neo porporato non ci sarebbero ragioni perché il suo nome da un isoletta sperduta sia giunto sino in Vaticano, se non lo avesse scelto lo stesso Santo Padre che probabilmente sta cercando di far capire a tutti che la Chiesa è composta “da tutti i quattro angoli del mondo”.
La Chiesa di Tonga è simbolo di quelle di periferia: proprio come ai tempi di Gesù, anche i poveri e i piccoli possono insegnarci qualcosa sulla natura del Regno di Dio. “Per esempio, continua Mafi, intervistato via internet, la vedova povera che dona tutto quel che ha; oppure i bambini che erano felici di essere semplicemente se stessi e accorrevano attorno a Gesù sebbene venissero fermati dagli Apostoli. Credo allora che sia l’idea di vivere uno stile di vita semplice, essere umili ed essere felici per quello che abbiamo già dato; in altre parole, essere chi siamo – poveri, deboli e vulnerabili come essere umani – e tuttavia pieni di fiducia e amore grande e rispetto per Dio come Creatore e come Colui che provvede alle nostre necessità” Questo può mostrare la Chiesa di Tonga al mondo. “La nostra gente ha anche un profondo senso di vicinanza alla natura, per l’ambiente naturale in cui vive, circondato da una bellezza di paesaggi, sia di terra che di mare. In più, il nostro popolo è cresciuto con l’idea e un modo di comprendere se stessi come ‘ricevitori’ di un dono da un ‘Donatore’ che è Dio stesso. Ciò significa quindi non essere colui che controlla ma colui che è parte di un dono ricevuto. Generalmente poi il nostro è anche un popolo molto unito. Si dipende gli uni dagli altri e ciò conduce naturalmente alla condivisione e all’ aiuto in caso di necessità. Credo che questo spirito di comunione tra i membri può essere un buon modello per tutti da vedere e da vivere”.
Il Vescovo ha concluso parlando dell’urgenza di dare più voce a questa “fetta” della Chiesa: “Per me è molto importante perché spesso le periferie sono abitate dai poveri e dagli emarginati e in periferia queste persone possono essere viste, ascoltate e incontrate. Voglio dire che in questi ambienti e in queste condizioni, la Chiesa e la sua opzione preferenziale per i poveri può essere meglio sperimentata e forse meglio applicata. La voce di queste Chiese parla in nome e in rappresentanza dei poveri. Come più volte il Santo Padre ha esortato la Chiesa durante il suo pontificato e guida pastorale, dobbiamo dare maggiore attenzione al grido del povero”.