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Ecco i 10 punti per cambiare davvero la giustizia. I magistrati sfidano Renzi

L’approvazione del dl sulla responsabilità civile da parte del Parlamento ha scosso la magistratura italiana. Il timore espresso dalle toghe è che la nuova legge finisca col creare un maxi scudo a favore della politica, accentuando le differenze tra cittadini comuni e uomini di potere. E tra gli uomini di potere possiamo anche annoverare chi possiede grandi disponibilità economiche, al pari dei boss che possono usufruire di coperture economiche tali da non aver problemi ad iniziare un’azione legale.  Questa mattina l’Associazione nazionale Magistrati si è riunita nella sua sede di piazza Cavour a Roma per discutere di una normativa vissuta come una minaccia alla propria indipendenza e terzietà e rispondere al governo, sfidando Renzi sul piano delle proposte. La nuova legge è stata considerata un modo per “normalizzare” – questo il termine utilizzato – la magistratura. “E’ una strategia che va avanti da anni – ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Rodolfo Sabelli – e che ha approfittato ora di una scadenza voluta dall’Europa sul tema della Giustizia per affondare il colpo all’indipendenza della categoria. “Slogan demagogici nei quali non crede per primo chi li pronuncia – ha detto il segretario generale, Maurizio Carbone – come ‘Chi sbaglia paga’, oppure pretestuosi come ‘Lo vuole l’Europa’ danno il senso di come sia nata questa riforma, che riteniamo assolutamente insufficiente a colmare le vere lacune della Giustizia italiana.

“Il tema della responsabilità civile dei magistrati è un tema politico – ha continuato Sabelli – Così è stato presentato, e una prova di questo si ha nel fatto che per ben due volte la Camera ha approvato una norma sull’azione diretta, nel 2102 e poi nel giugno 2014, poi fermata in Senato. Questa riforma ha altri obiettivi che non sono quelli della mera riorganizzazione del settore, e il prezzo di questa iniziativa alla fine lo pagheranno i cittadini”.

Il gruppo di lavoro del sindacato dei giudici ha prodotto “Il decalogo della buona Giustizia”, dieci punti per riformare davvero il sistema giudiziario.

1) Riforma della prescrizione, con abrogazione della legge ex Cirielli e blocco della prescrizione almeno dopo la sentenza di primo grado

2) Estensione alla corruzione degli strumenti investigativi previsti per reati di mafia

3) Riforma del sistema delle nullità nel processo penale

4) Concreta attuazione dell’art. 27 della Costituzione (funzione rieducativa della pena), attraverso investimenti cospicui sul personale deputato alla rieducazione negli istituti penitenziari

5) Costituzione di un vero ufficio del giudice (non quello previsto dall’art. 50 dl 90/2014)

6) Assicurare il funzionamento del Pct

7) Destinazione alla giustizia delle risorse sottratte alla mafia e dei fondi del fondo unico giustizia

8) Rafforzamento della lotta all’evasione e destinazione alla giustizia delle somme recuperate

9) Assunzione di nuovi cancellieri (ne erano state annunciate mille, ma non ce ne è traccia)

10) Riqualificazione del personale amministrativo

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