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RIVOLUZIONE RAI: LA TV DI STATO IN MODELLO SPA

Il governo lancia la rivoluzione Rai al termine di un Consiglio dei ministri complesso, in cui è stato anche affrontato il tema della giustizia. Renzi vuole una tv pubblica in grado di competere con i grandi broadcaster internazionali, non più soggetta alle lungaggini degli enti statali, alle rissosità del Parlamento e al ruolo di “azienda di provincia” “cui la condanna la legge Gasparri”. Ora si apre l’iter parlamentare tra i mal di pancia della minoranza Pd e il no di alcuni pezzi dell’opposizione. Se il progetto si arena – avverte il premier – nessun decreto, ma “si terranno la Gasparri”. E’ la nuova governance la novità piu’ tangibile, con qualche aggiustamento rispetto alle ultime ipotesi che davano un peso maggiore al governo. Il testo, che modifica un articolo della legge Gasparri, prevede un cda ridotto da nove a sette membri, quattro eletti dal Parlamento (due dal Senato e due dalla Camera), due dal Tesoro e uno dall’assemblea dei dipendenti. Quest’ultima è una novità assoluta – sottolinea il premier – “che mi piace moltissimo”. Se il cda nominerà il presidente al suo interno, l’ad avrà poteri rafforzati rispetto ad oggi, non sarà più costretto a passare per il consiglio per ogni decisione: avrà possibilità di nomina dei dirigenti di prima fascia e una capacità di spesa autonoma che passa da 2,5 a 10 milioni di euro. Non sarà nominato dal governo, come nella prima ipotesi contestata dall’opposizione, ma dal consiglio di amministrazione sentito il Tesoro.

E’ il modello Spa che il premier ha sposato dal principio, con l’applicazione delle regole del codice civile, nel tentativo di evitare lungaggini e un controllo pressante della Corte dei Conti. L’altra ipotesi, preferita dalla minoranza Pd che l’ha anche inserita in un proprio disegno di legge depositato al Senato, quella del sistema duale, con un consiglio di sorveglianza e uno di gestione, e’ stata invece accantonata. Restano in piedi le funzioni di indirizzo e controllo della Vigilanza (che perde invece quelle di elezione del cda).

“Nei prossimi giorni formalizziamo l’inizio dell’iter parlamentare”, ha annunciato il sottosegretario Antonello Giacomelli, che ha lavorato al testo. Si partirà dal Senato, dalla Commissione Lavori Pubblici a presidenza Fi. I numeri a Palazzo Madama sono risicati, ma si spera nella convergenza del partito di Berlusconi. Maurizio Gasparri parla di “una clamorosa retromarcia” di Renzi, ma si dice pronto a valutare il testo. Più lontano è dal disegno governativo quello presentato dai Cinque Stelle.

A pesare sarà anche il no dei sindacati. “Nessuna discontinuità – sostengono Fnsi e Usigrai -. Non c’è la rivoluzione che noi auspichiamo”. Mentre la Cisl plaude alla presenza dei lavoratori in cda, ma auspica l’eliminazione di “ogni interferenza della politica” nella gestione. Prossimo passaggio del governo sarà la riforma del canone, con l’obiettivo di ridurre l’evasione. “Io appartengo a una cultura che vorrebbe eliminarlo” ma so che “è molto complesso”, ha spiegato il premier.

Più probabile che si vada verso la riforma, per ora in stand by, messa a punto da Giacomelli, con una riduzione della tassa intorno ai 60 euro e una sua introduzione nella bolletta elettrica. Poi sarà la volta del rinnovo del contratto di servizio e della governance ventennale e lì entreranno tutti gli altri aspetti annunciati oggi dal consiglio. Nuove regole per consentire alla Rai di diventare una media company e di esportare cinema e fiction, per la riduzione del numero dei canali e delle sedi regionali, per la nascita di una rete dedicata alla cultura e di programmi in inglese. Oltre a una nuova organizzazione delle testate, nel percorso della razionalizzazione già avviato dal dg Luigi Gubitosi che porti alla nascita di una redazione unica.

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