La spending review porterà a tagli da 1,5 miliardi di euro per i comuni italiani. A denunciarlo è la Cgia di Mestre che ha elaborato i dati presentati nei giorni scorsi dal ministero degli Interni. Tra i 108 Comuni capoluogo di provincia presi in esame, i più penalizzati da questa operazione saranno quelli di Cosenza, di Napoli, di Siena e di Firenze. Se la municipalità cosentina si troverà con 54 euro pro capite in meno, a Napoli e a Siena i tagli ammonteranno a 51 euro per ciascun residente, mentre a Firenze le minori risorse a disposizione del primo cittadino toccheranno i 50 euro pro capite. In termini assoluti, invece, la “rasoiata” più pesante la subirà il Comune di Napoli. Il sindaco De Magistris si troverà con 50,8 milioni di euro in meno a disposizione rispetto allo scorso anno. Altrettanto pesante il taglio che interesserà il Comune di Roma: 46,7 milioni di euro (16 euro pro capite).
A Milano, invece, le mancate risorse sfioreranno i 36 milioni di euro (27). A centro classifica Venezia si vedra’ ridurre 9 milioni (34), Torino 26,2 milioni (29), Palermo 19,7 milioni (29). Le riduzioni minori quelle di Lanusei con 76 mila euro (14), Massa 953 mila (14) e Pistoia 1,1 milioni (13). “Con meno soldi a disposizione – sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – è quasi certo che i sindaci saranno costretti ad aumentare i tributi locali. Cosicche’, Tasi, Imu e Tari rischiano anche quest’anno di subire l’ennesimo aumento, penalizzando le famiglie e soprattutto gli artigiani, i commercianti e i piccoli imprenditori. Infatti, quando questi ultimi sono proprietari dell’abitazione principale e del negozio o del capannone dove lavorano, versano queste tasse locali due volte: sia come cittadini sia come operatori economici”.
Le modalità che hanno portato ai tagli – secondo la Cgia – partono dalla riforma del federalismo municipale del 2011 quando sono stati quasi del tutto aboliti i trasferimenti ai Comuni, sostituti da un apposito Fondo perequativo. Tale fondo, denominato “Fondo di solidarietà comunale”, si aggiunge alle entrate proprie dei Comuni (che comprendono l’Imu, la Tasi, la Tari e l’addizionale Irpef). La riserva monetaria, istituita per assicurare a tutti i cittadini l’erogazione delle funzioni fondamentali e superare gradualmente le differenze di capacità contributiva dei singoli enti locali, è alimentata in gran parte con risorse degli stessi comuni (ovvero con il 38,22% del gettito Imu ad aliquota base).
Le risorse vengono distribuite sulla base della loro spesa storica e dei fabbisogni standard. La Legge di Stabilità del 2013 aveva fissato l’ammontare complessivo del fondo pari a 6,5 miliardi di euro: 4,7 assicurati dagli stessi Comuni e gli altri 1,8 miliardi dallo Stato centrale. Con la Legge di Stabilità 2015 c’è stata una riduzione del fondo di 1,2 miliardi di euro, ai quali si aggiungono altri 288 milioni di euro di tagli previsti da altre disposizioni di legge.