Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e il Patronato Acli hanno stipulato mercoledì un accordo per favorire il processo di integrazione e inclusione sociale dei detenuti sostenendoli nell’adempimento di pratiche e scadenze burocratiche che, da soli, non sarebbero in grado di adempiere. “Si tratta di un’intesa – ha affermato Paola Vacchina, presidente nazionale del Patronato Acli – volta a rafforzare e rilanciare una realtà che già esiste, e che sta dando dei risultati nel contrasto al fenomeno della recidiva, attraverso servizi di consulenza, di assistenza e di tutela a favore dei detenuti, forniti dal Patronato Acli”.
Nello specifico, Acli si mette a disposizione dei soggetti interessati per fornire assistenza previdenziale a chi non può dialogare con l’Inps. L’istituto di previdenza è, ormai da anni, completamente informatizzato e ciò rappresenta una criticità per i detenuti che non hanno la possibilità di collegarsi a internet. Le domande di prestazioni previdenziali, assistenziali e a sostegno del reddito, vengono infatti recepite dall’INPS esclusivamente in formato digitale e il cittadino recluso si trova di fatto impossibilitato a presentare la propria domanda di pensione, l’istanza per il riconoscimento dell’invalidità civile, l’autorizzazione per gli assegni al nucleo familiare o altri moduli telematici.
Nel 2013 sono state attivate dal Patronato Acli 4.497 pratiche, per 2443 persone, in 71 province, dove Acli è presente all‘interno di case circondariali e di reclusione. “Questo contribuisce a non lasciare i carcerati a loro stessi – ha dichiarato Luigi Pagano, vice capo Dipartimento dell‘Amministrazione penitenziaria – e ne favorisce il reinserimento sociale”. “Accanto alla certezza della pena ci deve essere la certezza dei diritti – conclude Antonio Russo, responsabile Legalità della presidenza nazionale Acli – per questo c‘è un tema culturale da approfondire, quello di avvicinare il carcere alla gente”.