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PENA DI MORTE: IN ARABIA SAUDITA TROPPE CONDANNE, SI CERCANO 8 ASPIRANTI BOIA

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Stagione di assunzione in Arabia Saudita, dove sui giornali delle più importanti città, il governo ha pubblicato diversi annunci per offrire lavoro. Si cerca il personale adatto per svolgere “pubbliche decapitazioni o amputazioni”. La necessità nasce dall’aumento dei giudici nominati che ha conseguentemente portato ad un deficit della manodopera. I boia a disposizione della monarchia wahabita sembrano non reggere il ritmo delle condanne a morte: solo nel 2015 ne sono state eseguite 85 rispetto alle 87 complessive del 2014.

L’ultimo è stato Rabie Al Saiari. Condannato a morte per spaccio di hashish, è salito sul patibolo mercoledì scorso. Secondo Amnesty International l’Arabia Saudita è il terzo Paese al mondo per numero di pene capitali, subito dopo la Cina e l’Iran. Dai dati emerge inoltre che la metà delle condanne a morte coinvolge stranieri, molto spesso proveniente da Pakistan, Yemen, Siria, Giordania, India, Indonesia, Birmania, Ciad, Eritrea, Filippine e Sudan.

Tornando all’annuncio sui giornali, questo tipo di lavoro comporta qualifica e stipendio di “funzionario religioso” e non prevede l’obbligo di conoscenze specifiche in nessun settore. Secondo quanto riferito da uno studio di “Human Rights Watch”, delle pene capitali effettuate nel 2015, almeno 35 sarebbero avvenute per reati di droga, un numero che vorrebbe dare ragione dell’aumento delle condanne a morte. Per molti però, il fenomeno è riconducibile all’intensificazione dei controlli per i gruppi terroristici di matrice jihadista.

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