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LE REGIONI NON PIACCIONO PIU’. CROLLA LA REPUTAZIONE

La reputazione delle regioni italiane è in crisi. Secondo lo studio Censis-Klaus Davi, la reputazione e la fiducia nelle istituzioni regionali negli ultimi 5 anni è calata di 13 punti percentuali: nel 2009, il 34% degli italiani era “abbastanza fiducioso”, oggi solo il 21% continua a dichiararlo. Promosse con la sufficienza le due province autonome, Trento e Bolzano. In diminuzione anche il grado di fiducia nei confronti del Parlamento (- 9 punti %). In 15 anni, dal 1995 al 2010, le Regioni hanno perso il 17% di votanti, passando dall`81 al 64%, è il tonfo più clamoroso della politica degli ultimi 20 anni, basti pensare che l`elettorato delle elezioni Parlamentari è calato nello stesso periodo “solo” dell`11%, dall` 86 al 75%

Le identità regionali non sono sparite, il 21,3% degli italiani si sente “cittadino” della sua regione, anche se con grandi differenze locali: nelle Marche, ad esempio, il 34,3% degli abitanti quando pensa al “suo territorio” pensa alla regione, mentre il 19,5% degli abruzzesi dichiara: “il territorio in cui mi identifico è la mia città o il mio paese”. Nel descrivere la propria regione, il 40% del campione intervistato ne celebra le eccellenze gastronomiche, il 39% ne esalta il patrimonio artistico e culturale mentre il 23,6% ritiene che l`appartenenza territoriale passa anche dal dialetto, importante ai fini dell`identità socio-culturale di un individuo. Il 40% degli intervistati dichiara di non sentirsi affatto rappresentato (4 in una scala da 1 a 10) con picchi del 50% quando si parla di “rappresentanza delle proprie idee”. La ricerca ha analizzato inoltre il livello di soddisfacimento dei bisogni primari quali salute e istruzione. Per il 17,7% del “popolo delle regioni” le loro necessità vengono soddisfatte, mentre il 40% è sufficientemente soddisfatto nel modo in cui i suoi bisogni primari trovano rappresentanza. Unica nota positiva visto che il livello di riconoscimento si abbassa se si parla di esigenze più complesse e che quindi necessitano di una rappresentanza più articolata: il 12,9% ritiene che siano adeguatamente interpretate le sue attese più elevate, vale a dire quelle culturali.

Il discorso non cambia se parliamo della voglia di cambiamento, un tempo stendardo dei movimenti regionalisti, oggi è assai affievolita: solo il 20% dei cittadini delle regioni oggi la vede rappresentata. Il territorio funziona sempre meno nel dare identità che invece si crea “facendo cose insieme”, ma la regione resta pur sempre una “bandiera”. La sensazione è comunque che “i territori non mollino”, il patrimonio di specificità, di “biodiversità sociale”, aveva trovato nella dimensione regionale un punto di equilibrio che difficilmente potrà essere sostituito da 40 aree vaste. Il “sentimento” ci dice che le Regioni sono più note per i “Vitalizi” che non per il loro sforzo nel far incontrare domanda e offerta di lavoro: nelle 10 regioni più popolose, quelle con più di 3 milioni di abitanti, per ogni articolo giornalistico che affronta il tema dei centri per l’impiego, ce ne sono 4 che parlano della spinosa questione dei vitalizi ai Consiglieri Regionali. Eppure i Centri per l’Impiego attraversano una delicata fase di transizione e il tema dell’occupazione, specie quella giovanile, è quello che sta più a cuore alle famiglie italiane.

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