“La sera del 3 giugno ero nel cortile di casa insieme ai miei familiari quando udii una fitta sparatoria. La tragedia che avrebbe sconvolto il mondo stava iniziando”. È una frase tratta da “Prisoner of the State: The Secret Journal of Premier Zhao Ziyang, segretario generale cinese dal 1987 al 1989, che durante una delle crisi più gravi del regime si evidenziò per la sua inclinazione al riformismo e la propensione al dialogo e ad una soluzione pacifica.
Era il 4 giugno 1989 quando i carri armati dell’Esercito di Liberazione Popolare cinese uccisero nella piazza Tienanmen centinaia di persone, mettendo così fine alle proteste degli studenti che reclamavano la democrazie. La protesta nella piazza era iniziata un mese e mezzo prima, il 15 aprile, in seguito al decesso per un arresto cardiaco di Hu Yaobang, ex capo del partito comunista e sostenitore di riforme democratiche.
Circa 100 mila studenti si erano riuniti nella storica piazza per commemorare il leader ed esprimere tutta la contrarietà verso il governo di Pechino. Gli studenti di oltre 40 università si ritrovarono il 27 aprile per marciare a Tienanmen e a loro si unirono operai, intellettuali e funzionari pubblici. Nel mese di maggio circa un milione di persone riempiva la stessa piazza dove, nel 1949 Mao Zedong aveva dichiarato la nascita della Repubblica popolare cinese.
Il 20 maggio il governo cinese impose la legge marziale a Pechino e truppe corazzate furono inviate per disperdere i manifestanti. In un primo momento le forze governative tentennarono di fronte alla folla e si ritirarono fino a che Deng Xiaoping all’epoca a capo della Commissione Militare diede ordine di far fuoco. Il risultato fu un massacro di cui ancora oggi non si conoscono le reali proporzioni, in quanto il governo cinese non ha mai fornito e reso pubblico alcun documento in merito ai fatti di piazza Tienanmen.
Il simbolo delle manifestazioni è il “Rivoltoso Sconosciuto”, uno studente che da solo e completamente disarmato si parò davanti ad una colonna di carri armati per fermarli. Le fotografie che lo ritraggono sono conosciute in tutto il mondo, e per molti, sono un simbolo di lotta contro un regime che nonostante si dichiari democratico, sembra più esercitare la sua tirannia.