L’essere umano non conosce mezze misure. Se da noi è facile avere a che fare con politici accondiscendenti, pronti a chiudere entrambi gli occhi di fronte ad abusi edilizi ed ecomostri, dall’altra parte del mondo costruire un’opera non in linea con i gusti del dittatore di turno può costare addirittura la vita.
Ne sa (anzi ne sapeva) qualcosa l’architetto che ha progettato il nuovo mega aeroporto di Pyongyang, fatto giustiziare dal leader nordcoreano Kim Jon-Un perché la struttura non gli piaceva. Proprio così: nessuna causa o denuncia, nessuna richiesta di risarcimento o pena detentiva, un colpo di fucile e passa la paura. A testimonianza del vero volto del regime di Kim che qualche politico di casa nostra ci ha descritto come un paradiso terrestre.
Così durante la prima visita ufficiale allo scalo assieme al dittatore e alla moglie mancava l’autore dell’opera: Ma Won Chun è stato, infatti, fatto fuori lo scorso novembre insieme ad altri cinque funzionari nel corso di una “purga” messa in atto dal leader nordcoreano. Il motivo? “Pratiche di corruzione e mancata osservanza degli ordini”. Ma in realtà la morte del progettista corrisponde con la pubblicazione di una relazione in cui si giustificava la sospensione dei lavori di realizzazione dell’aeroporto a causa dell’insoddisfazione di Kim. “I difetti si sono manifestati nell’ultima fase della costruzione del Terminal 2 – aveva detto il dittatore – perché i progettisti non hanno tenuto a mente l’idea della bellezza architettonica che è la vita e l’anima e il cuore per preservare il carattere e l’identità nazionale. Ora è necessario terminare la costruzione del terminal che deve essere l’icona della Corea, il volto del Paese e la porta d’ingresso a Pyongyang”.