Quando in Italia non si vuol far capire bene cosa stia passando a livello parlamentare sotto il naso dei cittadini, si usa una tecnica consolidata: approvare il testo in piena estate e dargli una connotazione anglofona. Dal dopoguerra a oggi, infatti, non siamo stati capaci come popolo di imparare diffusamente l’inglese, e ogni cosa che suoni vagamente americana assume un aspetto meno preoccupante all’orecchio. Ecco dunque arrivare nelle more di un’estate afosa l’approvazione del bail-in, che da come suona il nome potrebbe persino sembrare un gioco da spiaggia; invece è il processo di salvataggio di una banca utilizzando le risorse interne prima di possibili aiuti esterni (bail letteralmente significa cauzione).
E per “risorse interne” si intendono sia i soldi degli azionisti, ma anche quelli dei correntisti. Tutti coloro che hanno un deposito da 100.000 euro in su sono a rischio di prelievo coatto. Non parliamo dunque soltanto di milionari, straricconi con i conti gonfi di denaro, ma anche dei risparmi di una vita di singole persone, del momentaneo deposito dovuto alla vendita di una casa, dell’oculato risparmio di intere famiglie, del piccolo capitale di una media impresa.
Gli organi di informazione da mesi propongono quasi quotidianamente la “partita a poker” fra Unione Europea e la Grecia. Un impegno comunicativo che ha fatto dimenticare di informare i cittadini su questa approvazione in via definitiva dalla Camera dei Deputati della legge sul prelevamento forzoso sui conti correnti privati a favore di eventuali Banche in sofferenza. Per dirla in parole povere: le mani in tasca al popolo. Uno schiaffo al comune senso di equità.
Non solo. Ma una volta passato il principio per cui è legittimo prendere i soldi dal portafogli dei cittadini – in Italia si ricorda come un caso eccezionale la data del 9-10 luglio 1992. la notte in cui il governo Amato prelevò il sei per mille da tutti i depositi bancari – nel futuro sarà solo una questione di parametrare l’intervento all’esigenza del momento; i centomila euro potrebbero diventare trentamila. Un’ipotesi per ora vigorosamente smentita dai burocrati europei, ma al centro di tante preoccupazioni e battaglie delle opposizioni, sia nel Belpaese che a Bruxelles.
L’Europa prima e l’Italia poi hanno dunque deciso di assicurare risorse certe a Istituti bancari in sofferenza finanziaria anche se derivata da una gestione speculativa. Prime fra tutte la scelta di utilizzare i fondi della Bce (Banca centrale europea) concessi a tasso zero non utilizzati per favorire il processo produttivo nazionale, ma per guadagnare attraverso investimenti su derivati piuttosto che su Titoli di Stato emessi da Paesi a rischio di insolvenza come la Grecia. Forse una delle maggiori banche che potrebbero trovarsi in questa condizione in caso di un tracollo greco è proprio la Deutsch Bank tedesca accompagnate da banche italiane già travolte da perdite consistenti per investimenti sui “derivati”.
Tutto si è concretizzato il 2 luglio, subito dopo l’incontro del nostro Premier con la Merkel in Germania avvenuto il giorno prima. Una coincidenza? Un caso? Gli amanti della dietrologia mettono in correlazione queste decisioni anche con la recente riunione del club Bilderberg, e dunque ipotizzano come possa essere una mossa economica strategica concordata fra i partiti politici che hanno concorso ad approvare la legge stessa e banchieri nonché lobby di dimensione internazionale.
Solo ipotesi senza alcun riscontro oggettivo, come sempre quando si parla di lobby. Ma è un fatto che la legge sia passata. E visto il nostro spaventoso debito pubblico, e l’abitudine a privilegiare le banche rispetto alle imprese, nessuno può sentirsi al sicuro.