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POLITICI “DROGATI”

Da tempo ormai la questione “droga” è all’ordine del giorno per chiedere la sua regolamentazione; anche perché si è concretamente infiltrata, a vario titolo, all’interno delle istituzioni. A parte i parlamentari che ne propongono la liberalizzazione, le cronache ci raccontano spesso di deputati, amministratori e loro collaboratori implicati in scandali, più o meno gravi, legati all’uso, all’abuso e al traffico di sostanze stupefacenti.

Tra i casi più eclatanti, senza dubbio quello avvenuto circa 3 anni fa, quando il direttore dell’Ufficio postale del Senato è stato arrestato dai carabinieri per spaccio di cocaina. L’uomo fu considerato dagli inquirenti il braccio destro di un boss albanese che gestiva i pusher nella parte sud dell’hinterland romano. Nel 2006 non meno scalpore ha suscitato il servizio-inchiesta delle Iene nel quale, con la scusa di un’intervista, cinquanta onorevoli sono stati sottoposti al test – il drug wipe – a loro insaputa. In quell’occasione si è giunti alla sconcertante conclusione che il 32% degli “intervistati” risultava positivo: il 24% alla cannabis e l’8% alla cocaina. In pratica un deputato su tre sarebbe stato dedito all’uso di sostanze.

Non si contano, poi, politici, assessori e amministratori che, in tutto il territorio nazionale, sono stati segnalati come assuntori di stupefacenti o rimasti colpevolmente invischiati in operazioni antidroga condotte dalle Forze dell’Ordine. Qualcuno di loro è stato addirittura condannato per spaccio, altri sono stati sorpresi in festini a base di cocaina e sesso con escort. Infine, in questa carrellata sulla droga nella politica, nel passato più o meno recente, le Procure si sono dovute occupare anche di chi – per una precisa ma alquanto discutibile scelta di propaganda “antiproibizionista” – si è perfino autodenunciato come “coltivatore diretto” di piante di marijuana.

Il termine “drogato” potrebbe invece sembrare offensivo per alcuni, e cioè per quelle persone davvero “onorevoli” che servono il Paese con sacrificio e dedizione. Certamente a questa minoranza vanno poste scuse anticipate perché non si può mai fare di tutta l’erba un fascio e non sarebbe neanche giusto sparare sul mucchio indiscriminatamente. Eppure c’è stata un’evoluzione – o meglio un’involuzione – nel mondo delle istituzioni, a livello nazionale e regionale, che ha avvilito e scandalizzato i cittadini elettori, coloro che avevano provato a fidarsi, a credere in qualcuno.

Venditori di fumo – questa volta è proprio il caso di dirlo – che hanno sistematicamente promesso al popolo cambiamenti epocali per poi ritrovarsi con il nulla, in mano solo un’illusione. Ma ciò non è bastato ad allontanare del tutto la gente dalla politica. Ci hanno pensato molto di più quelli che, non essendo stati scelti ma imposti dal partito, hanno palesemente perseguito altri interessi del tutto personali e quindi distanti dalla collettività. Questi tipi non si incontrano per le strade, anzi hanno anche il timore di farsi vedere per non essere insultati.

Oggi essere deputato o senatore è diventato, grazie a loro, un disonore, sinonimo di chi vuole usare lo Stato per raggiungere i propri scopi. Di fatto se ne vedono non pochi di “drogati” in tutti i sensi. A partire dai fruitori sfacciati di sostanze, derisi e chiacchierati da tutti, specialmente per l’abuso di cocaina che ormai viene considerata un semplice eccitante… Nasi consumati, con i classici comportamenti degli sniffatori, che continuano ad essere i legislatori della nostra Italia. Poveri noi, in quale baratro hanno trascinato le Istituzioni riducendole a giochi tra drogati dei propri istinti! Drogati di potere, drogati e insaziabili di soldi e immagine, drogati di carrierismo senza pudore né timore di compromessi illeciti.

Abili alcuni a parlare, ma del tutto incapaci a fare qualcosa di concreto, anche perché tutto è bloccato, niente si muove se il guru di turno non vuole! Il declino è palese, ma è meglio non parlarne troppo per non essere accusati di pessimismo, “gufismo” o altro. intanto però – mentre si pensa a liberalizzare – i giovani continuano a morire: l’ultima vittima un ragazzo di 16 anni stroncato dall’ecstasy in discoteca a Riccione, in una “normale” serata d’estate.

La parola d’ordine non è più curare né contrastare, ma è depenalizzare. E allora ecco in arrivo la cannabis di Stato, ossia la proposta presentata dall’intergruppo parlamentare guidato da Benedetto Della Vedova, senatore eletto con Scelta Civica e oggi al Misto, che prevede il via libera alla legalizzazione, con norme che ne disciplinano l’uso. Dal Pd al M5S, da Sel al gruppo Misto, sono 218 i parlamentari che hanno firmato il testo che contiene disposizioni in merito al possesso, all’autocoltivazione, alla vendita e all’uso terapeutico della cannabis.

Sappiamo quanto sia disperato il “drogato” di qualsiasi condizionamento esso stia soffrendo e quanto coinvolge chi gli sta intorno. Ma questo oggi conta poco. Lo Stato sembra che abbia trovato il modo per sconfiggere la criminalità: prenderne il posto. Allora pensa di trasformarsi in pusher e lucrare sulla vendita di droga, così come vuole diventare pappone per prendere i soldi dalle prostitute; perché di questo si tratta. Altro che trattativa Stato-mafia, continuando così sarà difficile distinguere l’uno dall’altra. Con buona pace degli eroi che sono morti per un ideale.

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AUTORE

don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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