Non si arresta l’ondata di violenza nella città che diede i natali a Gheddafi, dove i jihadisti hanno decapitato e crocifisso dodici combattenti delle milizie salafite, impegnate da giorni in una sanguinosa battaglia contro il Califfato. La notizia del nuovo orrore firmato Isis è giunta dall’agenzia libica Lana, che già lo scorso venerdì aveva annunciato la strage nell’ospedale di Sirte con la morte di oltre 20 pazienti e l’incendio dell’intera struttura.
Alla base di questa escalation di violenza ci sarebbe l’uccisione da parte dei jihadisti di Khaled Ben Rjab, un importante leader e predicatore salafita. Un colpo duro per i clan locali che avrebbe suscitato l’intervento, al fianco delle formazioni armate, di decine di civili decisi a cacciare il Califfato dal territorio di Sirte.
I combattimenti sono proseguiti anche sabato, con una particolare concentrazione di attacchi nella zona orientale della città. L’ambasciatore del governo di Tobruk in Francia, Chibani Abouhamoud, ha parlato di un vero e proprio “massacro”, con almeno 150-200 morti finora. Parole più dure quelle del premier Abdullah al-Thinni che ha accusato i jihadisti di “compiere atti di genocidio” e in un comunicato on-line ha chiesto alle Nazioni Unite di togliere l’embargo sulle armi imposto dopo la rivolta del 2011 che ha portato alla deposizione e all’uccisione di Gheddafi.