Almeno 63 case e strutture completamente distrutte, 132 persone, di cui 82 bambini, rimaste senza tetto. È questo il bilancio “dell’ultima ondata di demolizioni del governo israeliano, la peggiore degli ultimi tre anni”, che la scorsa settimana ha investito dieci comunità palestinesi dell’Area C della Cisgiordania.
Lo denunciano 31 organizzazioni umanitarie, fra cui Oxfam e Amnesty International, che, alla luce dei dati forniti dall’agenzia OCHA delle Nazioni Unite, chiedono ai leader mondiali di adottare misure urgenti per fermare le demolizioni in corso. Dal 2012, afferma un comunicato diffuso a Roma, “sebbene l’Unione Europea avesse richiesto pubblicamente al governo israeliano di tutelare i suoi progetti nell’Area C, centinaia di infrastrutture umanitarie sono state demolite o sequestrate. Si stima che nel solo 2015 almeno 356 strutture, di cui ben 81 finanziate da progetti di cooperazione internazionale, siano state demolite nell’Area C della Cisgiordania”.
“Le demolizioni stanno spingendo i palestinesi al limite, distruggendo ogni prospettiva per una soluzione di pace”, afferma Catherine Essoyan, direttrice regionale di Oxfam. Le demolizioni, riferisce il comunicato, “vengono effettuate all’interno del piano del governo israeliano per ‘trasferire’ 7.000 palestinesi che vivono in 46 comunità dell’Area C. Il progetto riguarda anche i beduini e le comunità pastorali delle aree centrali della Cisgiordania e della zona E1 di Gerusalemme, porzioni di territorio in cui il governo israeliano pianifica di espandere insediamenti giudicati illegali dal diritto internazionale”.