Sirte conta le ore prima della fine. L’Isis ha lanciato un ultimatum alla città libica: “chiedete il nostro perdono o subirete le conseguenze”. Che nel linguaggio jihadista significa un bagno di sangue. La deadline è stata fissata nel mese di ottobre. “Gli abitanti di Sirte – è stato il messaggio via radio del gran muftì del Califatto – si devono sbrigare nel chiedere perdono prima che sia troppo tardi, perché se non lo fanno li considereremo degli apostati nemici dello Stato islamico”. In particolare il dottore della legge islamica ha ordinato a tutti coloro i quali sono in età di servizio militare o che hanno svolto in passato servizio presso un corpo militare di entrare nelle milizie del gruppo jihadista.
La Libia è un Paese debole, spaccato a metà dopo il crollo del regime di Gheddafi. Da una parte vi è un parlamento riconosciuto a livello internazionale con sede a Tobruk e il cui governo opera nell’area orientale del paese; dall’altra un’amministrazione sostenuta da gruppi islamisti che governa la capitale Tripoli e che controlla gran parte delle regioni occidentali. A complicare la situazione vi sono i militanti armati fedeli ad al Qaeda e all’Is che minacciano sia Tripoli che Tobruk. Il sedicente “califfato” di Abu Bakr al Baghdadi ha ha istituito un vero e proprio “emirato” a Sirte, città natale del defunto rais Muhammar Gheddafi, seguendo l’esempio di altri centri conquistati dai jihadisti come al Raqqa in Siria e Mosul in Iraq.