“Questa è stata una pagina di forte aggressione alla mia identità umana e professionale. Si è trattato di attacchi durissimi e reiterati”. Lo ha detto, durante il plenum, il consigliere del Csm Piergiorgio Morosini parlando delle polemiche che lo hanno investito. Il togato ha ricordato di aver subito “una smentita netta e immediata” di quella che ha definito “un’inaccettabile manipolazione” delle sue parole e del suo pensiero “su uomini, attività e dinamiche delle istituzioni” e di essere rimasto “davvero sorpreso”.
“Una cosa che non potrei perdonarmi – ha aggiunto – è se da questo episodio incredibile, derivasse l’occasione per discutere di limitazioni dei diritti personali non solo dei consiglieri superiori ma di tutti i magistrati italiani”. Morosini ha poi proposto un confronto “con le leali armi della dialettica e delle idee, e se del caso dividiamoci rispettando l’importanza del confronto”. “Non accetto – ha proseguito – operazioni giornalistiche che stravolgono e sviliscono la nostra dignità istituzionale, le nostre biografie e le nostre fisiologiche differenze. Non vorrei infine che con un’interpretazione troppo estesa di quel self restraint doveroso, noi finissimo per rendere sterile il contributo importante che un organo a composizione mista, ingegnosamente creato dal costituente proprio per la sua esponenzialità democratica, deve fornire alla migliore qualità della vita istituzionale della Repubblica”.
Sulla vicenda è intervenuto nuovamente il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. “Non era un caso da risolvere perché non c’era da metterci sopra una pietra – ha detto – è una vicenda chiarita. Morosini mi ha detto che non si riconosce nelle affermazioni attribuitegli nell’intervista e ha preso le distanze. Ringrazio il ministro per aver dato l’occasione di un confronto e di assumere orientamenti”.