Trentaquattro bare disposte in tre file verticali. Leggermente poste più in là, altre due bare, bianche e più piccole. Sopra i feretri, composizioni floreali. Il palazzetto dello sport di Ascoli Piceno è gremito. Alla presenza delle più alte cariche dello Stato, tra cui il Presidente della Repubblica Mattarella e il premier Renzi, si stanno svolgendo i funerali di stato delle vittime marchigiane decedute la notte del 24 agosto dopo che un terremoto, di magnitudo 6.2, ha squarciato il centro Italia. Ad assistere alla cerimonia, presieduta da mons. D’Ercole, anche i soccorritori e i volontari della Protezione Civile e della Croce Rossa Italiana. Tantissimi anche i cittadini comuni. In prima fila, accanto alle autorità, i familiari delle vittime. Alcuni di loro sono giunti in autobus dalla tendopoli. Nei loro occhi la dignità di chi ha perso tutto. “È giusto che un padre accompagni i figli fino in fondo dopo essere stato con loro nel momento del dolore e del dramma”, ha detto mons. D’Ercole, spiegando che la sua omelia sarà incentrata sui perché legati alla tragedia del terremoto.
“E adesso, Signore, che si fa? Quante volte, nel silenzio agitato delle mie notti di veglia e d’attesa, ho diretto a Dio la stessa domanda che mi sono sentito ripetere da voi in questi giorni”. E’ quanto detto da mons. D’Ercole nell’omelia. “A nome mio, nel nome di questa nostra gente tradita dal ballo distruttore della terra: ‘e adesso che si fa?’ mi sono rivolto a Dio Padre, suscitato dall’angoscia, dall’avvilimento di esseri umani derubati dell’ultima loro speranza. Non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza, ma non perdete coraggio – ha proseguito -. Insieme ricostruiremo le nostre case e chiese; insieme soprattutto ridaremo vita alle nostre comunità, a partire proprio dalle nostre tradizioni e dalle macerie della morte. Insieme!” Lo ha detto nell’omelia ai funerali per le vittime del terremoto il vescovo di Ascoli Piceno Giovanni D’Ercole
“Le torri campanarie, che hanno dettato i ritmi dei giorni e delle stagioni, sono crollate, non suonano più. Polvere, tutto ormai è polvere. Eppure, sotto macerie, c’è qualcosa che ci dice che le nostre campane torneranno a suonare, ritroveranno il suono del mattino di Pasqua”, ha detto. “Un terremoto è la fine: un boia notturno venuto a strapparci di dosso la vita. La nostra terra, però, è popolata di gente che non si scoraggia”.
E ancora: “Le nostre origini sono contadine. In natura arare è come un terremoto per la terra: si spacca, è ferita, ne esce frantumata in zolle. L’aratro ferisce ma è lo strumento-primo per la nuova seminagione: si ara per preparare la terra a un nuovo raccolto. I sismologi tentano di prevedere il terremoto, ma solo la fede ci aiuta come superarlo”. Lo ha detto nell’omelia ai funerali delle vittime del terremoto il vescovo di Ascoli, Giovanni D’Ercole. “La fede – ha aggiunto – la nostra difficile fede, ci indica come riprendere il cammino: con i piedi per terra e lo sguardo al cielo”.
“La solidarietà e la responsabilità ci fanno tenere i piedi ben saldi per terra in un abbraccio che ci consente di affrontare insieme le difficoltà e costruire un mondo migliore. Gli occhi però devono guardare in alto ‘Guardare al cielo, pregare, e poi avanti con coraggio e lavorare’ come diceva don Orione. La solidarietà oggi – ha aggiunto è rappresentata in maniera solenne dalla presenza del Presidente della Repubblica, al quale rivolgo il mio deferente saluto, dalle più alte cariche dello Stato e dalle tante autorità, dalle molte associazioni di volontariato, e dai tanti amici qui convenuti a mostrare la concreta vicinanza di tanta gente da ogni parte d’Italia e del mondo, la solidarietà soprattutto del Papa, dei vescovi della nostra regione e delle Chiese di tutta Italia come pure del mondo. Grazie a tutti di cuore”.
Poco prima dell’inizio della celebrazione, un parente delle vittime ha accusato un leggero malore. Subito è stato soccorso dal personale sanitario presente e portato via in barella. Le sue condizioni non sono comunque apparse particolarmente gravi.
Nel frattempo, sale i numero dei morti: “Il bilancio delle vittime del terremoto che ha colpito il centro Italia è salito a 290”. E’ l’ultimo aggiornamento fornito dalla Protezione Civile sui dati della Prefettura di Rieti. “230 persone hanno perso la vita ad Amatrice, 11 ad Accumoli e 49 ad Arquato”. Sono 238, invece, le persone estratte vive dalle macerie. Resta invariato, a 388, il numero dei feriti ricoverati in ospedale. Intanto, c’è grande apprensione a Pescara del Tronto, la frazione di Arquata spazzata via dal terremoto, per una frana che lambisce la carreggiata della Salaria, che scorre a valle. La corsia in direzione Roma è stata chiusa, e il traffico va avanti scandito da un semaforo di emergenza. Carabinieri e Vigili del Fuoco presidiano l’accesso alla parte inferiore del paese, ora chiuso. La frana, a quanto si apprende, si è prodotta in mattinata dopo la scossa 4.6 con epicentro ad Amatrice delle 6.28 di ieri. Sconfortati i soccorritori, che avevano iniziato l’operazione per la rimozione delle macerie nel centro di Pescara del Tronto. “Questo rende tutto più difficile”, spiega un volontario.