Alta tensione nelle filippine dopo il tragico attentato che nella giornata di ieri ha causato la morte di 14 persone, mentre altre 67 sono rimaste ferite. Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha dichiarato nel Paese lo “stato di illegalità” dopo che i presunti estremisti di Abu Sayyaf hanno fatto esplodere una bomba in un mercato a Davao, sua città natale nel sud del Paese.
Duterte, che si è recato sul luogo della strage, ha precisato che questo non rappresenta una imposizione della legge marziale, ma consente il dispiegamento di soldati a sostegno della polizia nella creazione di posti di blocco e delle pattuglie. L’attacco è stato rivendicato dal portavoce di Abu Sayyaf, Abu Rami, ma il presidente ha precisato che si indaga su altri sospetti tra cui i trafficanti di droga che lui stesso ha preso di mira in una sanguinosa repressione. L’attacco è avvenuto mentre le forze filippine sono in stato di allerta dopo l’offensiva militare lanciata contro Abu Sayyaf nella provincia di Sulu. I militanti hanno minacciato di lanciare un attacco dopo che i soldati hanno ucciso più di 30 estremisti nell’offensiva.
Intanto il vice sindaco di Davao, Paolo Duterte (figlio del presidente), ha rivelato che il leader del Paese si trovava nella città proprio nelle ore in cui si è verificato l’attentato, specificando che molto probabilmente era proprio il capo dello Stato il bersaglio degli attentatori.