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Ocse, in Africa più morti per aria sporca che per malnutrizione

Morire di inquinamento. Non accade nel ricco Occidente, ma in Africa dove il “mal d’aria” uccide più della fame e dell’ebola. A rivelarlo è un recente studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) secondo il quale l’inquinamento dell’aria, sia “esterno” sia “domestico”, provoca il decesso prematuro di circa 712 mila persone ogni anno, su una popolazione di circa un miliardo di abitanti.

Contro tutti i pronostici, dunque, l’inquinamento atmosferico miete più vittime dell’acqua non potabile – al secondo posto della tragica classifica Ocse con 542 mila morti all’anno – delle carenti condizioni sanitarie (391 mila) e della malnutrizione, che si attesta a “soli” 275 mila, vale a dire quasi un terzo dei morti da inquinamento.

Secondo i dati, l’inquinamento atmosferico “esterno” – provocato cioè da traffico, industria e produzione di energia – sta aumentando soprattutto in Paesi in rapida crescita economica come Egitto, Nigeria ed Etiopia e ha provocato un aumento di decessi annuali del 36% tra il 1990 e il 2013. Con un costo economico di circa 215 miliardi di dollari registrati nel 2013 per quasi 250 mila morti. “I mezzi di trasporto e l’energia usata in Africa non sono sostenibili”, spiega al Guardian Rana Roy, tra gli autori dello studio.

A quello esterno, si aggiunge l’inquinamento atmosferico “interno”, causato dalla produzione energetica inquinante per l’uso domestico. Tutto ciò, solo nel 2013, ha fatto registrare oltre 460 mila morti. Un fenomeno “che non può essere ignorato, dice Roy. L’inquinamento domestico dell’aria – secondo le stime Ocse – è infatti aumentato del 18% (1990-2013) ed è costato nel 2013 circa 232 miliardi di dollari.

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