Come in vecchio film d’azione, tre detenuti sono evasi dal carcere di Rebibbia, l’istituto di pena della Capitale che si trova lungo la via Tiburtina, calandosi dalle finestre della nuova struttura con delle lenzuola. Si tratta di tre uomini di nazionalità albanese: uno è stato condannato all’ergastolo per omicidio, il secondo ha la fine della pena fissata al 2041 per tentato omicidio, mentre il terzo ha la fine della pena al 2020 per estorsione e sfruttamento della prostituzione.
Secondo la prima ricostruzione i tre sono scappati da un settore, già in passato, si sono registrate evasioni. Sono fuggiti segando le sbarre della cella, che si trova al piano terra della struttura carceraria, e hanno appeso una maglietta per coprire il varco realizzato nell’inferriata. Nei letti avevano sistemato delle sagome di cartone per aggirare i controlli. Raggiunto il muro di cinta si sono calati con delle lenzuola annodate tra loro e con dei bastoni, probabilmente dei manici di scopa. Avrebbero, quindi, approfittato della confusione legata all’arrivo, nella notte, dei detenuti dell’istituto di pena di Camerino, trasferiti a Roma in emergenza dopo i crolli nel penitenziario marchigiano causati dalle scosse di questi giorni.
“Personale mancante, strutture fatiscenti, nessuno strumento di supporto alla vigilanza. Ancora una volta a Rebibbia, dopo i fatti dello scorso febbraio, la combinazione di questi elementi determina una ennesima evasione e getta in una grave confusione il carcere romano – afferma il segretario nazionale della Funzione Pubblica Cgil, Salvatore Chiaramonte -. Da tempo, troppo tempo, le nostre denunce sulle condizioni fatiscenti del carcere romano, così come della gran parte del sistema penitenziario, sono colpevolmente sottovalutate. Il risultato è che, ancora una volta, tre detenuti approfittano delle falle del sistema per poter evadere”.
Quanto accaduto, infatti, prosegue il dirigente, “non ci sorprende”. A Rebibbia, “dei 992 poliziotti penitenziari necessari, ne risultano presenti 930. Di questi, però, 180 agenti sono distaccati, per la gran parte, in uffici amministrativi, occupati in compiti che potrebbero essere assolti da altri lavoratori pubblici. Il tutto quindi per un totale di soli 750 poliziotti penitenziari. Un numero tale che, parametrato ai circa 1.400 detenuti presenti, produce un rapporto pari a un solo agente che spesso deve vigilare su 170 detenuti, come accaduto questa notte, attraverso una modalità spacciata per ‘vigilanza dinamica‘”.