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Offensiva su Mosul: oltre 68 mila persone costrette a lasciare le proprie case

Almeno 68.500 sono state costrette a lasciare le loro case a Mosul dall’inizio, cinque settimane fa, dell’offensiva dei governativi iracheni e dei peshmerga curdi per strappare la città al sedicente Stato Islamico. Lo denuncia in un comunicato l’Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, avvertendo che il ritmo di crescita nel numero degli sfollati è aumentato ulteriormente negli ultimi giorni, a causa dei combattimenti che hanno ormai raggiunto aree ad alta densità di popolazione.

Soltanto quattro giorni fa se ne contavano oltre diecimila in meno; anche se per il momento si resta ancora molto al di sotto delle previsioni iniziali della stessa Onu, che prevedevano nel complesso fino a duecentomila persone in fuga. A determinare un flusso in uscita inferiore alle aspettative ha contribuito d’altronde lo stesso governo iracheno, invitando i residenti a non allontanarsi poiché direttrici di marcia relativamente sicure non ne esistono più, e al contempo a evitare di attraversare la linea del fronte, opzione troppo pericolosa.

Intanto prosegue l’opera delle organizzazioni umanitarie a sostegno della popolazione. Con l’intensificarsi della battaglia e il peggioramento della crisi Medici Senza Frontiere sta aprendo ospedali da campo per soccorrere i feriti e incrementare il supporto alle popolazioni sfollate. In particolare, ha aperto un ospedale da campo a circa 30 km a nord della città e ne sta aprendo un altro a Qayyarah, a circa 60 km a sud.

Per aumentare ulteriormente la risposta all’emergenza, l’ong sta inoltre pianificando di dislocare postazioni mediche avanzate ancora più vicine alle linee del fronte, in cui i pazienti possono essere stabilizzati prima del loro trasferimento nei due ospedali da campo. “Il compito di questi ospedali – spiega Barbara Turchet, capo missione di Msf in Iraq – è curare i pazienti gravemente feriti a causa dei continui combattimenti L’ospedale a nord di Mosul si trova sulla strada principale verso Dohuk e punta a stabilizzare ed effettuare operazioni chirurgiche salvavita ai feriti più gravi dell’area. Essere così vicino alle linee del fronte può fare la differenza tra la vita e la morte”. Entrambi gli ospedali da campo sono collegati a strutture mediche esistenti nelle città vicine. I pazienti sono trasferiti tra queste strutture con ambulanze gestite dal Dipartimento della Salute. Le équipe mediche nelle strutture di Msf sono composte da staff distaccato del DoH che adesso sta lavorando insieme allo staff internazionale di Msf.

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