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Una riforma che fa bene

Occorre sottolineare alcuni dei vantaggi reali per lo sviluppo e la crescita del Paese e nell’interesse dei cittadini e dei contribuenti, connessi a questa Riforma costituzionale. Ad esempio, essa prevede che la “materia sanità ” passi allo Stato per ” le norme generali e comuni “, mentre per “l’organizzazione e la programmazione ” resti alla legislazione delle Regioni.

Sapete ciò cosa comporta?
Status quo: lo Stato può solo prevedere principi generali e linee guida (o dichiarazioni di principio in sede di conferenza Stato Regione), ma non esiste un obbligo per le Regioni di dare attuazione e (se lo fanno) di attuare in modo omogeneo le linee guida espresse dallo Stato; ora ogni Ausl si fa il proprio “piano diagnostico e terapeutico” per settore di patologia (in alcune Regioni c’è scarsità e carenza) senza che sia garantito un livello uniforme di qualità del servizio sanitario su tutto il territorio nazionale. Con la riforma “ il piano diagnostico e terapeutico” lo fa il Ministero della Salute e sarà lo stesso ed identico per tutto il territorio nazionale, per ogni specifica patologia, garantendo certezze nella diagnosi e nella terapia corretta, mentre se la singola Regione non garantirà i livelli uniformi di qualità del servizio sanitario prestato dalle Ausl, lo Stato attraverso il nuovo art. 120, 2° co., potrà sostituirsi direttamente alla Regione per garantire quei livelli essenziali comuni di qualità previsti su scala nazionale. Un grande passo in avanti se penso alla sanità in Calabria o in altre Regioni. Ciò significa sostanzialmente, che non dovremo più assistere ai “viaggi della speranza” e per chi li ha vissuti sulla propria pelle, l’alchimia teorica e la botanica di “palazzo”, è completamente fuori luogo.

Abbiamo ora 21 leggi regionali diverse e sono richiesti 21 diversi procedimenti amministrativi: in materia ambientale, per i limiti alle immissioni; in materia di sicurezza sul lavoro (se devo applicare un rubinetto per garantire la sicurezza sul lavoro, mi devo scontrare con 20 o 21 diversi permessi od autorizzazioni, da Regione a Regione); in materia agro-alimentare e quindi di sicurezza alimentare vale lo stesso, un’infinità di legislazioni regionali e provinciali con ricadute notevoli, se si vuole investire in una Regione e poi aprire un’altro stabilimento in altra Regione. Per il trasporto di “carichi speciali” il passaggio dalla Lombardia fino alla Sicilia chiede un’autorizzazione diversa per ogni Regione che si attraversa.

Un imprenditore straniero che volesse investire in Italia, solo se guarda la congerie di procedimenti e permessi diversi previsti, passa subito ad un altro Paese perché il solo pensiero di una pluralità e diversità di tanti procedimenti per la stessa attività porta subito il mal di testa ed il solo pensiero di indebitarsi per realizzare un’ investimento produttivo con rischio che quell’attività, oggetto di “materie concorrenti” (attualmente previste dalla Costituzione e che la Riforma elimina), possa essere bloccata e definitivamente interrotta con una sentenza“ che dice semplicemente che la materia è di competenza della Regione e non dello Stato” (senza tenere conto della qualità dell’intervento, dei costi sostenuti, dell’occupazione generata) “comporta l’allontanamento veloce dall’Italia di capitali stranieri da investire, verso altri Paesi” . Lo stesso vale per un investitore italiano.

Inoltre, per un imprenditore italiano, che volesse ampliare la sua produzione, ingrandendosi ed aprendo, con nuove assunzioni, un altro stabilimento in una Regione diversa da quella in cui ha il principale (per installare altro stabilimento produttivo), vi è un forte scoraggiamento a farlo anche a causa della pluralità dei permessi ed autorizzazioni differenti richiesti; avrebbe bisogno di più consulenti che gli spiegassero le differenze dei procedimenti amministrativi e di legislazione da Regione a Regione.

Tutto ciò ha costituito un gravame immane per i contribuenti e per l’ Italia : per il passaggio da una percentuale del 5 % ad una percentuale del 47 % del peso del Contenzioso per conflitti di attribuzione gravanti dinanzi alla Corte Costituzionale dal 2000 al 2015, che ha determinato e determina incertezza “su chi è competente a rilasciare un’autorizzazione o un permesso; la perdita di investimenti privati dall’estero; costi sociali inauditi, legati ai fallimenti delle imprese, al blocco delle attività produttive e ai disastri familiari (perdite occupazionali e di redditi di sostentamento), cui si aggiunge malessere sociale, apatia e decadimento culturale.

Sino al voto del 4 dicembre Interris.it, senza prendere una posizione, ospiterà i sostenitori del “Sì” e del “No” al referendum, per consentire ai lettori di farsi liberamente una propria opinione a riguardo

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