Non si può invocare il diritto all’oblio per vicende giudiziarie di particolare gravità e il cui iter processuale si è concluso da poco tempo. Lo ha deciso il Garante della privacy che ha sottolineato, in questi casi specifici, la preminenza dell’interesse pubblico (a conoscere le notizie) sull’interesse privato di venire quanto prima “dimenticati”.
Con tale motivazione, il Garante ha recentemente dichiarato “infondata” la richiesta – presentata da un ex consigliere comunale coinvolto in un’indagine per corruzione e truffa – di deindicizzazione dalla rete di alcuni articoli che parlavano del suo coinvolgimento.
La vicenda personale del Consigliere – spiega il Garante – era iniziata nel 2006 e si era conclusa nel 2012 con sentenza di patteggiamento e pena interamente coperta da indulto. L’uomo si era successivamente rivolto a Google inc. – azienda multinazionale proprietaria dell’omonimo motore di ricerca su internet – richiedendo la rimozione di alcuni url che, digitando il suo nome e cognome, facevano riaffiorare l’indagine in cui era rimasto coinvolto.
Di fronte al “no” dell’azienda californiana, l’ex consigliere aveva presentato ricorso chiedendo la deindicizzazione al Garante per la protezione dei dati personali, un’autorità amministrativa indipendente istituita nel 1996 (con la cosiddetta “legge sulla privacy”), per assicurare la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali e il rispetto della dignità nel trattamento dei dati personali. A dire dell’imputato, non ricoprendo più incarichi pubblici e operando in un settore privato, la permanenza in rete di notizie risalenti a 10 fa gli stava arrecando un danno all’immagine e conseguentemente all’attuale attività lavorativa.
Nel rigettare la richiesta, l’Autorità, in linea con i Garanti europei, ha rilevato che, sebbene il trascorrere del tempo sia la componente essenziale del “diritto all’oblio”, questo elemento incontra un limite quando le informazioni di cui si chiede la deindicizzazione siano riferite a reati gravi e che hanno destato un forte allarme sociale. Nella circostanza specifica, nonostante fosse trascorso un certo lasso di tempo dai fatti riportati negli articoli, sottolinea l’Autorità, meritava considerazione il fatto che “la vicenda giudiziaria si fosse definita solo pochi anni prima”.
Inoltre, ha ulteriormente osservato il Garante, alcuni url riattualizzavano la notizia richiamandola in muovi articoli relativi ad una maxi inchiesta sulla corruzione pubblicati fino al 2015; la loro attualità – ha evidenziato l’autorità il cui Presidente in carica è il politico Antonio Giuseppe Soro – dimostra l’interesse ancora vivo dell’opinione pubblica sull’argomento, negando così all’involontario protagonista della vicenda il tanto desiderato “oblio”.