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Il Papa a Setteville: “Volete la parrocchia perfetta? Niente chiacchiere”

Una vera e propria folla di fedeli e di semplici curiosi ha accolto per la seconda volta (il precedente risale a marzo 2014 a S. Maria dell’Orazione) Papa Francesco a Setteville in occasione della sua visita nella parrocchia di Santa Maria. Una folla che fin dalle prime ore del pomeriggio ha gremito sia la chiesa che le strade della borgata, dove era stati allestiti alcuni maxischermi.

L’accoglienza

Il S. Padre è giunto poco dopo le 15.30, accolto, tra gli altri, dal cardinale vicario Agostino Vallini, dal vescovo ausiliare mons. Di Tora e dal parroco don Luigi Tedoldi che da oltre vent’anni guida la comunità. Il primo impegno del Pontefice è stata la visita al viceparroco don Giuseppe Berardino, 47 anni, da oltre due affetto da sclerosi laterale amiotrofica.

L’incontro con i giovani

Poi Francesco ha incontrato le varie realtà della parrocchia, a cominciare dai giovani, con i quali si è intrattenuto per oltre mezz’ora in un dialogo spontaneo. “Anche io a volte ho camminato nel buio della fede e la fede si è abbassata tanto ma poi la ritrovi – ha detto il Papa – La fede alcuni giorni non si vede, è tutto nero”. E ha raccontato quello che ha provato sabato quando ha battezzato 13 bambini delle zone terremotate: “Tra loro – ha raccontato – c’era anche un papà che ha perso la moglie. E si capisce che lì è buio, bisogna rispettare quel buio dell’anima”. Poi ha ribadito la necessità di occuparsi degli altri: “Se io dico che sono cattolico, vado a messa ma poi con i genitori non parlo, non assisto i nonni, non assisto i poveri, non vado a trovare gli infermi, questa non è testimonianza, non serve. Ascoltare le parole del Signore significa trovare la gioia – ha aggiunto – La testimonianza cristiana si fa con la parola, con il cuore e con le mani”. Quindi ha sottolineato l’importanza di “parlare con i nonni, che sono la memoria e la saggezza della vita”. Un incontro semplice, cordiale, con i vari gruppi giovanili. Il Papa seduto al centro di una delle sale riservate alle attività della parrocchia, i ragazzi per terra. Tra loro i giovani del catechismo e del percorso post cresima e un gruppo di scout. Quella dei giovani è una realtà importante della parrocchia: don Luigi ha sottolineato come siano circa 200 i ragazzi tra i 15 e 25 anni che frequentano l’oratorio.

Le realtà della parrocchia

Il Pontefice ha anche incontrato alcuni malati e 45 bambini battezzati nel corso del 2016, insieme ai loro genitori. Successivamente, si è svolto l’incontro con un centinaio di fedeli che aiutano il parroco nell’opera pastorale. A loro, il Pontefice ha dato diversi consigli, soffermandosi sull’importanza della missione. Poi, dopo aver salutato i sacerdoti e i seminaristi, il Santo Padre si è spostato in sagrestia dove ha confessato una giovane coppia che accudisce il viceparroco malato di Sla, un giovane del percorso post-cresima ed il padre di un bambino ammalato.

La Messa

Durante la Messa, il Papa ha pronunciato la sua omelia a braccio, commentando il brano del Vangelo di S. Giovanni in cui il Battista rende testimonianza a Gesù. “Alcuni discepoli, sentendo questa testimonianza seguirono Gesù. E sono rimasti contenti: “Abbiamo trovato il Messia”, hanno sentito la presenza di Gesù. Ma perché lo hanno incontrato? Perché c’è stato un testimone. Così accade nella nostra vita. Ci sono tanti cristiani che confessano che Gesù è Dio, tanti preti, tanti vescovi”.

Il Papa ha sottolineato che essere cristiani non è “un modo di vivere, essere tifoso di una squadra di calcio, o come avere una filosofia, dei comandamenti: sono cristiano e devo fare questo e questo. Essere cristiano è prima di tutto dare testimonianza di Gesù. E’ quello che hanno fatto gli apostoli e per questo il cristianesimo è andato in tutto il mondo”. Testimonianza e martirio “sono lo stesso. Piccola e grande, con alcuni che arrivano a dare la vita, come gli apostoli”. Che tuttavia, ha fatto notare Francesco, “non avevano fatto un corso, non sono andati all’università. Hanno sentito lo Spirito dentro di loro e ne hanno seguito l’ispirazione”.

Eppure, “erano peccatori. Tutti, non Giuda soltanto. Poveraccio, noi non sappiamo cosa è accaduto dopo la sua morte, perché la misericordia di Dio è infinita. Ma erano tutti peccatori”. Il Papa ha ricordato che gli apostoli erano “invidiosi, avevano gelosia tra loro”, erano “traditori, quando Gesù viene preso tutti scapparono pieni di paura”, fino al rinnegamento di Pietro, il “capo”: “il primo Papa tradì Gesù. E questi sono i testimoni? Sì, perché erano testimoni della salvezza che Gesù porta e per questa salvezza si sono convertiti e si sono lasciati salvare”. La conseguenza, per il Papa, è che “essere testimoni non significa essere santi”. Significa essere “un povero uomo, una povera donna” che però riconosce che “Gesù è il Signore e cerco di fare il bene, di correggere la mia vita, di andare per la strada giusta”. Quindi testimoni e peccatori.

Con un messaggio preciso che il Papa ha voluto lasciare alla comunità di Setteville: “Gli apostoli erano peccatori ma leggendo il Vangelo non ne ho trovato uno: non erano chiacchieroni, non parlavano male degli altri”. Francesco ha messo in guardia da “questo peccato di togliere la pelle l’uno all’altro, di sparlare, di credersi superiori e parlar male di nascosto. Dove ci sono chiacchiere – ha ribadito il Papa – non c’è la capacità di dare testimonianza. Volete la parrocchia perfetta? Niente chiacchiere, niente. Questo è il segno che lo Spirito Santo è in una parrocchia”. Chiacchierare dietro “distrugge come un tarlo la comunità”. Occorre dare testimonianza, ha concluso il S. Padre, come “i primi cristiani” senza “sparlare l’uno dell’altro”.

 

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