Libertà di stampa, imparzialità della giustizia vaticana e trasparenza. Su questi tre cardini si impianta il libro “Vatileaks 2 – Il Vaticano alla prova della giustizia degli uomini” scritto dall’ex direttore della Sala stampa padre Federico Lombardi e dal vice caporedattore di Radio Vaticana Massimiliano Menichetti (edito da Rizzoli, 266 pagine, 18 euro), presentato questa mattina nella sede della Stampa estera. Il giornalista è stato uno dei componenti del pool (con il collega dell’Ansa Fausto Gasparroni e la corrispondente dell’agenzia spagnola Efe) ad aver seguito tutte le udienze del processo, insieme a padre Lombardi, che ha visto imputati per divulgazione di documenti riservati mons. Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaoqui, il collaboratore di Balda, Nicola Maio e i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi.
Menichetti ha spiegato come un giornalista italiano assunto da un organo d’informazione vaticano si sia trovato ad affrontare la questione: “Mi sono mosso in due contesti – ha spiegato Menichetti – la mia redazione e la sala stampa. E mi sono posto delle domande, come tutti: è in gioco la libertà di stampa? E’ un processo farsa? C’era una grande pressione mediatica, sul Tribunale, sugli avvocati, sugli imputati. Io ho scelto di raccontare sul web le udienze nel modo più ampio possibile. E nessuno dei miei superiori mi ha mai detto di aggiungere od omettere un particolare o un passaggio”. Un’esperienza di libertà avvalorata dall’invito del direttore a condividere i resoconti con tutte le 40 redazioni linguistiche della Radio Vaticana. Quanto alla sala stampa, Menichetti ha sottolineato come dopo la diffidenza iniziale, alcuni colleghi lo abbiano avvicinato per ammettere che i suoi resoconti erano i più ampi e completi. “Proprio da loro – ha detto – è arrivato un attestato di trasparenza”.
Nel libro non ci sono novità clamorose. Però è possibile trovare, oltre ai resoconti ufficiali rappresentati dai verbali del Tribunale, quelle deposizioni spontanee raccolte da Menichetti che altrimenti non sarebbe stato possibile leggere. Accanto a questo c’è una corposa parte documentale, con il rinvio a giudizio e ampi stralci delle motivazioni della sentenza. Da queste, fra l’altro, si deduce come la libertà di stampa sia stata largamente tutelata, così come, e questo è emerso già durante il dibattimento, l’imparzialità dei giudici, garantita anche dai tempi necessari a svolgere il processo, senza fretta e con le procedure opportune per i diritti della difesa.
Ma era giusto fare questo processo? A questa domanda ha risposto padre Lombardi. “So che secondo qualcuno sarebbe stato meglio di no – ha affermato – Io invece penso che era giusto farlo. Poteva derivarne un danno d’immagine alla S. Sede o al Papa? Preoccuparsi prioritariamente dell’immagine non penso sia la linea giusta. Prima bisogna preoccuparsi della verità, dello sforzo di fare verità, affrontare la sostanza delle cose e prendere posizione su quello. Paga di più la verità che correre dietro all’immagine. E’ anche il modo con cui Benedetto XVI ha affrontato il problema degli abusi sessuali: sono piccoli passi avanti in una linea coraggiosa e decisa nella ricerca della verità e della trasparenza”.