Il servizio delle “Iene” andato in onda su Italia 1 ha provocato un’autentica bufera sull’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, già in passato nel mirino delle associazioni cattoliche perché accusato di finanziare i sostenitori della teoria gender. Il servizio di Filippo Roma ha portato alla luce presunti legami del direttore dell’Ufficio, Francesco Spano, con un’associazione Lgbt. In particolare, l’Unar avrebbe finanziato con 55.000 euro un’associazione gay nei cui circoli si consumerebbero orge e sesso anche a pagamento e di cui sarebbe socio proprio il direttore. Il quale, dopo essere stato convocato dal sottosegretario Boschi, ha rassegnato le dimissioni.
Avvocato, 39 anni, Spano ha ceduto al fuoco incrociato delle associazioni e dell’opposizione. “Finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di sollevare il velo di omertà ed ipocrisia che copre il mondo della prostituzione gay: il servizio de Le Iene ha fotografato una realtà che denunciamo da tempo, ma che il politicamente corretto si ostina a negare. Non ci è nota l’associazione in causa ma non è certamente l’unica che travestendosi di scopi culturali per pagare meno tasse persegue scopi ignobili. Tutto ciò è aggravato dal silenzio delle istituzioni: sono passati 14 giorni dall’inchiesta e il Dipartimento delle Pari Opportunità tace” ha affermato Massimo Gandolfini, presidente del Comitato promotore del Family day. Che nel suo intervento aveva incalzato il sottosegretario Boschi: “Si riprenda dalla sconfitta referendaria e si interessi all’Italia piuttosto che al PD! Come funziona l’Unar? Come si accreditano sedicenti associazioni a scopo culturale che organizzano orge e prostituzione, mentre ha rifiutato di incontrare il nostro Comitato? Con quanta colpevole superficialità utilizzate il denaro dei cittadini? E, magari, queste sono le stesse associazioni accreditate per l’educazione scolastica dei nostri figli contro la discriminazione di “genere” ed il bullismo? E i dirigenti che elargiscono fondi pubblici sono veramente in conflitto di interessi?. Questa vicenda – conclude Gandolfini – non deve cadere nel silenzio: è un fatto gravissimo su cui vigileremo con grande attenzione. E aspettiamo risposte concrete, perché se così non fosse potrebbe crescere negli italiani un terribile dubbio: connivenza?”. E una prima risposta è arrivata: una nota di Palazzo Chigi ha fatto sapere che “le dimissioni vogliono essere un segno di rispetto al ruolo e al lavoro che ha svolto e continua a svolgere l’Unar. La Presidenza del Consiglio, per quanto non si ravvisino violazioni della procedura prevista e d’accordo con il dottor Spano, disporrà la sospensione in autotutela del Bando di assegnazione oggetto dell’inchiesta giornalistica, per effettuare le ulteriori opportune verifiche. I relativi fondi, comunque, non sono stati ancora erogati”.
Ancor più diretta era stata Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, che su Facebook ha annunciato un’interrogazione parlamentare per chiedere la chiusura dell’Unar “oggi stesso. L’Italia non ha alcun bisogno di un ‘ufficio’ che con una mano finanzia un’associazione gay nei cui circoli si consumerebbero rapporti sessuali a pagamento e con l’altra scrive lettere ai parlamentari per censurare il loro pensiero (il riferimento è a una vicenda personale della stessa Meloni, ndr). Non un euro in più delle tasse degli italiani deve essere buttato per pagare lo stipendio a dei signori, come il direttore dell’Unar Spano, che in evidente conflitto d’interessi assegnano decine di migliaia di euro di soldi pubblici ad associazioni di cui sono soci”.
Un’interrogazione è stata annunciata anche dal senatore di FI Francesco Malan secondo il quale “non c’era bisogno del servizio delle Iene per sapere che da tempo l’Unar agisce al di fuori della legge, occupandosi soprattutto di questioni LGBT, quando la legge che lo istituisce parla solo di rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o l’origine etnica”. Il senatore presenterà anche “un esposto alla Corte dei conti per il danno erariale creato da attività non conformi alla legge istitutiva dell’Unar al costo di diversi milioni all’anno”.
Il responsabile comunicazione dell’Ufficio denuncia intanto di aver ricevuto minacce e insulti sia sul profilo Facebook che al telefono. “Vorrei solo dire a chi con tanta enfasi sta riempiendo la mia bacheca di insulti gratuiti e mi telefona in anonimato per aggredirmi in modo violento solo perché lavoro all’Unar – replica Fernando Fracassi sul social – che purtroppo non sapete con quale dedizione noi svolgiamo il nostro lavoro, dal direttore fino all’ultimo operatore che risponde al numero verde. Non conoscete l’ufficio e vi basate solo su un servizio che distorce la realtà. Se volete approfondire venite a trovarmi così saprete di cosa stiamo parlando. Sono dispiaciuto per come è stato montato il servizio, noi non finanziamo associazioni ma solo progetti che abbiano esclusivamente una valenza sociale e che possano contribuire al contrasto delle discriminazioni”.