Non si arrestano gli episodi di violenza e discriminazione religiosa perpetrate da gruppi fondamentalisti ai danni di luoghi di culto cristiani, nella Repubblica Democratica del Congo. Dopo le profanazioni messe in atto nelle giornate del 18 e 19 febbraio, rispettivamente nella capitale Kinshasha, dove è stata assaltata la parrocchia di San Domenico a Limete, e a Kananga, nel Seminario maggiore di Malole, nella regione del Kasai, nuovi gravi assalti sono stati operati verso chiese e parrocchie del Paese. Secondo quanto riportato dall’Agenzia Fides, la quale cita fonti locali, altri due tentativi di attacco, messi in atto da un gruppo di sconosciuti, sono stati registrati nella parrocchia di Santa Maria di Lukalaba (ancora nella regione del Kasai, ma nell’area orientale) e nelle chiese parrocchiali di Saint Albert le Grand (Mbuji-Mayi) e Saint Robert Kansele.
Entrambi gli assalti sono stati fortunatamente sventati dalle Forze dell’ordine. Decisamente peggio è andata nella città di Lubumbashi, dove la parrocchia di Saint Kizito ha subito un tentativo di incendio, operato appiccando il fuoco ad alcuni bidoni di benzina e copertoni. Nel frattempo, un altro gruppo saccheggiava la vicina scuola, distruggendo anche le vetrate della chiesa e della sagrestia. Nella stessa città, altri due luoghi di culto sono stati presi di mira da gruppi di ignoti, i quali hanno fatto segnare un estremo picco di discriminazione religiosa in più aree del Paese.
Una situazione che ha incontrato le rimostranze della comunità internazionale, oltre che delle principali istituzioni religiose locali, a cominciare dalla nunziatura apostolica della RDC la quale, assieme ad altri organi, ha stilato un comunicato congiunto in cui condanna i troppi episodi verificatisi negli ultimi giorni, sostenendo come “i luoghi di culto appartengono a tutti. Chi li attacca colpisce un bene comune di tutti i congolesi”. Per questo la richiesta è che cessino al più presto le ondate di violenze adoperate verso tali luoghi, attraverso i quali si ferisce non solo la dignità religiosa di una comunità, ma quella della popolazione di un intero Paese.