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Spari contro furgone della Polizia a S. Severo: il Viminale manda altri agenti

Il giorno dopo la conclusione delle operazioni di sgombero e abbattimento delle baracche del vicino Gran Ghetto dei migranti, e dopo settimane di un crescendo di episodi criminali, San Severo si è svegliata con la sensazione che sul suo territorio si stia consumando una “guerra allo Stato”. L’ha affermato il sindaco, Francesco Miglio, dopo che la scorsa notte, un uomo, da solo, alla guida di una vecchia utilitaria, si è avvicinato ad alcuni furgoni della polizia e ha sparato più colpi di pistola danneggiando la carrozzeria di uno dei mezzi. E’ poi fuggito abbandonando l’auto, che è stata ritrovata a poca distanza ed è risultata essere stata rubata qualche giorno fa.

I mezzi erano parcheggiati dinanzi all’albergo che ospita personale di polizia che è stato inviato per il rafforzamento dei servizi di controllo in città richiesti dal sindaco, preoccupato per l’escalation criminale degli ultimi tempi. Miglio, che giorni fa aveva cominciato uno sciopero della fame per sollecitare l’intervento del governo, il 28 febbraio scorso ha incontrato il ministro dell’Interno, Marco Minniti, e ha ottenuto come prima immediata risposta l’invio di 90 unità delle forze di polizia per esigenze di ordine pubblico e controllo del territorio, e 5 equipaggi dei reparti prevenzione crimine della polizia di stato e delle compagnie di intervento operativo dei carabinieri.

La risposta all’attentato non si è fatta attendere. Il Viminale ha assicurato che da domani il dispositivo di controllo del territorio sarà ulteriormente rafforzato con l’invio di altre unità. Si tratta, assicura il ministero dell’Interno di “un progetto di rafforzamento stabile e permanente della sicurezza di San Severo”. E potrebbe essere stata proprio l’aumentata presenza di forze di polizia ad infastidire la malavita locale spingendola a “vendicarsi” e forse a tentare di intimorire le forze dell’ordine. Ma è impossibile non notare la coincidenza temporale con le vicende della baraccopoli che sorgeva nelle campagne a metà strada con Rignano Garganico e che è stata, definitivamente sgomberata da centinaia di migranti e abbattuta con le ruspe. Gli investigatori, al momento, giudicano “azzardata”, anche se non la escludono del tutto, l’ipotesi che ci sia una connessione tra l’attentato e lo sgombero del gran ghetto dove qualche notte fa due migranti del Mali sono morti in un incendio che ha devastato le baracche.

“Al momento – spiega il questore, Piernicola Silvis – propendiamo per l’ipotesi che si sia trattato di una reazione della criminalità locale al rafforzamento dei controlli”. I mezzi presi di mira dall’attentatore sono utilizzato dal personale inviato per rafforzamento dei servizi di controllo e che nei giorni scorsi ha seguito l’ordine pubblico durante lo sgombero del ghetto e che ora partecipa ai servizi di controllo delle strutture in cui sono stati trasferiti i migranti. “E’ probabile – ha aggiunto Silvis – che chi ha sparato abbia preso di mira i mezzi della polizia come ritorsione perché l’incremento dei controlli ha infastidito molto la criminalità”. Se di una intimidazione si è trattato, la risposta del Viminale è stata immediata: “Non daremo tregua fino a quando non saranno individuati e assicurati alla giustizia gli autori degli spari indirizzati agli automezzi delle Forze dell’ordine inviati sul posto su disposizione del ministro dell’Interno”.

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