“Do you believe in miracles?”. Con questa domanda e con il fiato rotto dall’emozione il cronista Al Michales concludeva il commento della leggendaria partita di hockey sul ghiaccio tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che decretò il trionfo della giovane squadra americana sugli imbattibili sovietici alle Olimpiadi invernali di Lake Placid, nel 1980. Esattamente 37 anni dopo, probabilmente, lo stesso quesito se lo saranno posto in tanti anche dalle parti del Camp Nou mentre, nei concitatissimi minuti finali del match di ritorno degli ottavi di finale di Champions League fra Barcellona e Paris Saint-Germain, ci si stava avviando al fischio finale di una partita fin lì già di proporzioni storiche. Luis Enrique l’aveva chiesto a gran voce, dopo il 4-0 dell’andata: “Voglio l’impresa”. Et voilà, il piatto è servito ed è ancora più ricco di quanto anche i più ottimisti avessero potuto pensare: alla fine il tabellone recita 6-1 per gli spagnoli. Qualcuno piange, qualcuno ride, altri si stropicciano gli occhi. Nel frattempo, martello e scalpello si sono mossi da soli per incidere le due cifre sulle mura del pantheon calcistico europeo.
Il Barcellona fa l’impresa
Doveva essere “remuntada” e remuntada è stata. Il Barça sbatte la porta della Champions in faccia ai parigini, tirando una grossa riga sul risultato dell’andata e invitandoli a ripassare il prossimo anno. Nella bolgia del Camp Nou succede di tutto: i blaugrana dominano tutta la partita e vanno sul 3-0; poi segna Cavani e allora sembra finita. Sembra: nei minuti finali si scatena Neymar, che fa doppietta ma, al 95esimo, a far seriamente vacillare la capacità di resistenza dei muri portanti dello stadio ci pensa il giocatore forse più inatteso nell’11 in campo: Sergi Roberto, centrocampista, infila il match-point sulla linea del traguardo, pietrificando Emery sulla panchina avversaria e liberando l’urlo di trionfo del tifo catalano, costringendo i curatori degli almanacchi ad aggiungere un nuovo, strabiliante record nelle statistiche della massima competizione continentale. Una rimonta da urlo: mai nessuno, finora, aveva osato tanto.
La partita
A dirla tutta, il pesantissimo risultato ottenuto dal Psg nella gara di andata qualche perplessità l’aveva lasciata. Il Barça, dato come bollito e ormai “a fine ciclo”, se l’è però legata al dito e, nel secondo round, ha deciso di giocare la partita a una sola porta, con Luis Enrique coraggioso nel rinunciare a Jordi Alba per lasciar spazio a Rafinha, schierando un 3-4-3 ultra offensivo con il solo Busquets a fare la guardia a centrocampo. E, dopo soli 3′, l’audacia paga: Suarez trova la via del gol, sfruttando un’incertezza di Trapp e aprendo le danze. A questo punto i francesi si fanno male da soli, scardinandosi da sé la propria retroguardia: prima è Marquinhos a farsi soffiare il pallone da Iniesta, il quale mette in mezzo con un tocco dei suoi e provoca la rocambolesca autorete di Kurzawa; poi, a inizio ripresa, è Meunier ad atterrare su Neymar in piena area di rigore e a mandare Messi dal dischetto per il 3-0.
Verso la gloria
Mentre l’impresa inizia a prendere forma, però, il Psg rialza la testa, proprio quando avrebbe dovuto subire il colpo del k.o. Cavani si carica la squadra sulle spalle e, dopo un palo clamoroso, ribadisce in rete (la 38esima stagionale) con il destro un cross dello stesso Kurzawa, gelando il pubblico del Camp Nou. Finita? Nemmeno per sogno: il Matador e Di Maria si divorano il gol della sentenza definitiva, restituendo un po’ di coraggio al Barcellona che, infatti, trova altre due volte la via della rete con Neymar, prima con una punizione magistrale, poi con un rigore pesantissimo (per fallo di Marquinhos su Suarez). A questo punto, nell’ormai incontrollabile pazza euforia dello stadio, accade l’impossibile: al 95esimo e ultimo minuto, a salire sul treno della storia è il neoentrato Sergi Roberto, che allunga il piede su un filtrante di Neymar e, assieme all’impresa, fa anche il 6-1. Poi la festa: ai quarti di finale, signore e signori, ci va il Barcellona.
Borussia Dortmund-Benfica
In una serata simile è difficile raccontare altro. Eppure, una partita di alto livello l’ha giocata anche il Borussia Dortmund, che accede al turno successivo strapazzando il Benfica fra le mura dell’ex Westfalenstadion con un sonoro 4-0. Agli uomini di Thomas Tuchel serve un super Aubemayang per aver ragione dei portoghesi, che si erano imposti per 1-0 nella gara di andata al Da Luz. Il centravanti gabonese mette a segno una tripletta, incrinando la muraglia difensiva dei rossi dopo soli 4′. A completare lo score del match è il 18enne Pulisic, autore della seconda rete dei tedeschi e, in generale, di una prestazione di altissimo profilo.