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Arturo Toscanini, da Milano e New York, le celebrazioni per il 150esimo anniversario della nascita

Da Milano agli Stati Uniti, in una sorta di remake della strada che lui stesso compì verso i grandi fasti della musica internazionale: in occasione del centocinquantesimo anniversario della sua nascita, il genio musicale e artistico di Arturo Toscanini torna a vivere e a mostrarsi in tutta la sua straordinaria intensità, in una serie di celebrazioni volte a ricordarne il talento e la popolarità che lo accompagnarono per tutta la carriera, in Italia come oltreoceano, dove raggiunse, così come in Italia, un livello di notorietà assolutamente straordinario. Dai palchi teatrali alle radio fino alla tv, la classe del “mago della bacchetta” ha saputo raggiungere e appassionare un vastissimo pubblico, rivoluzionando l’arte della direzione d’orchestra attraverso l’applicazione di un metodo del tutto innovativo per l’epoca. E allora, ecco che una mostra fotografica (“Arturo Toscanini. La vita e il mito di un maestro immortale”, aperta fino al 4 giugno), un libro (con il medesimo titolo), un video a tema e un concerto finale diretto da Riccardo Chailly, arrivano per celebrarne le gesta in ambito culturale, a Milano prima (dal 22 fino al 25 marzo, giorno natale del grande direttore), in America poi (dal 27 al 29).

La strada per il successo

Aveva cominciato in Sudamerica, Toscanini, dopo una formazione ferrea al Conservatorio di Parma (con un’esperienza da violoncellista al Regio di Torino) e una carriera sbocciata ad appena 19 anni, quando iniziò a dirigere le prime orchestre. Era il 1886 e il palco della Scala di Milano era più che mai lontano quando, a Rio de Janeiro, raccolse la bacchetta del direttore Superti (sommerso dai fischi) e diresse a memoria l’Aida, ottenendo l’ovazione del pubblico brasiliano e un accenno di quella popolarità che, di lì a breve, gli avrebbe aperto le porte del più famoso teatro operistico italiano. La prima grande tappa, però, è al Teatro Regio di Torino, dove fu protagonista per tre intensi anni prima di approdare alla corte del teatro milanese. Ed è proprio alla Scala che Toscanini inizia il suo percorso di riforma nella rappresentazione delle opere, ideando e ottenendo nuovi sistemi di illuminazione e la fossa per l’orchestra, ma anche applicando nuovi regolamenti per il pubblico e per la scaletta dell’opera.

Toscanini, l’America e il fascismo

Nel 1908, il salto negli States da affermato direttore, ottenendo incarichi al Metropolitan di New York e, anni più tardi, alla guida della New York Philarmonic. In mezzo, un rientro in patria, dopo la Grande Guerra, e un dissenso mai nascosto per i regimi totalitari del ‘900, a cominciare dal fascismo italiano che, da buon sostenitore degli ideali socialisti, non mancò mai di avversare. Circostanza che, unita a un’aggressione da parte delle camicie nere dopo aver rifiutato di eseguire “Giovinezza” e “La Marcia reale” davanti a Costanzo Ciano, lo convinse a lasciare nuovamente il suo Paese per non tornare “finché l’Italia non caccerà i fascisti e il re che ha permesso loro di governare”. Tornerà nel 1946, per dirigere nuovamente alla Scala di Milano dopo un’altra stagione di grandi successi in America.

Toscanini morì nel 1957 e il suo funerale richiamò decine di migliaia di persone: la storia della musica d’opera italiana, grazie a lui, aveva compiuto il definitivo balzo nel nuovo secolo e, le generazioni successive di musicisti e direttori, avrebbero guardato a lui non solo come a un esempio, ma come un vero e proprio mito forte di una popolarità raramente eguagliata negli anni a venire.

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