Questa volta non piove come 60 anni fa. Roma ha accolto con uno splendido sole i capi di Stato e di governo dell’Unione riuniti per celebrare l’anniversario della firma dei Trattati che davano vita alla Comunità economica europea. Gli altri 25 leader europei sono stati accolti in piazza del Campidoglio dal premier Gentiloni, dal presidente di turno dell’Unione, il primo ministro maltese Muscat, e dal polacco Tusk, presidente del Consiglio europeo, e all’ingresso nel palazzo dei Conservatori dal sindaco Virginia Raggi. L’inizio della commemorazione nella sala degli Orazi e Curiazi è stato preceduto dall’Inno alla Gioia di Beethoven, inno ufficiale dell’Ue.
A fare gli onori di casa il presidente del consiglio Gentiloni che ha ricordato come l’Unione sia nata dalle macerie della guerra. “Prima ancora che finisse il conflitto Spinelli, Rossi e altri sognavano un futuro diverso, prospero, di pace”. Un cammino iniziato “su quello slancio ideale” ma che ha visto le strade divise per molti Paesi con “lunghi anni di oppressione”. Gentiloni ha ricordato che i fondatori “parlavano lingue diverse e su molte cose non la pensavano allo stesso modo ma tutti avevano la splendida ossessione che fosse necessario non dividere ma unire”, “cacciare indietro i nazionalismi”. Il premier italiano ha sottolineato la grande differenza tra chi aveva conosciuto “due guerre, dittature, in molti casi il carcere, distruzioni e divisioni” e le nostre generazioni che hanno vissuto “60 anni di pace e libertà: lo dobbiamo anche al loro coraggio”. L’Europa è diventata “un grande magnete” raggiungendo “importanti traguardi economici” . Ma ci sono anche tanti ritardi: “Ci siamo fermati – ha ammesso Gentiloni – Ci sono troppi ritardi sui temi dell’immigrazione, della sicurezza, della crescita e del lavoro” che hanno portato a “crisi di rigetto” che in alcuni casi, come “nel Regno Unito sono maggioranza” e hanno portato a posizioni nazionaliste. “Il messaggio che deve venire da Roma è che abbiamo imparato la lezione: l’Unione sceglie di ripartire, con un orizzonte nei prossimi 10 anni. Abbiamo la forza per ripartire” che si trova “nella nostra storia, nel libero scambio, antidoto al risorgere allarmante dei protezionismi, nella democrazia, nella libertà, nel valore che attribuiamo ai diritti umani”. Ma occorre “voltare pagina abbandonando una visione della nostra economia affidata a piccole logiche di contabilità, talvolta arbitrarie”, rimettendo al centro i nostri valori che ci fanno sentire tutti colpiti quando il Parlamento Britannico è sotto attacco. Che ci fanno gioire quando riapre i battenti il Bataclan. Che ci fanno essere orgogliosi delle donne e degli uomini di quell’avamposto europeo della civiltà che è Lampedusa”. Gentiloni ha concluso ricordando che “tutti abbiamo rinunciato a qualcosa” per firmare l’accordo odierno: “E’ lo spirito giusto per ripartire, per ridare fiducia ai nostri concittadini senza assurde divisioni tra nord e sud, est e ovest, Paesi grandi e piccoli”.
Il presidente del Parlamento europeo Tajani ha ricordato la vocazione all’apertura e allo scambio dell’Europa. Citando la storia del Vecchio Continente ha affermato che l’Unione rappresenta “un nuovo Rinascimento europeo con al centro la dignità e la libertà”. Invitando a non dimenticare “il costo che avrebbe avuto la non-Europa”, il presidente del Parlamento non ha nascosto le grandi difficoltà che vive l’Ue: “Vogliamo un’Europa che funzioni meglio – ha detto Tajani – senza tanti errori, inefficienze, divisioni, burocrazia. Servono mutamenti profondi per dare risposte a chi non ha lavoro, ai giovani, al fenomeno migratorio, al terrorismo” sempre però basandosi “sui valori in cui ci riconosciamo”. Un’Europa dei fatti: “La dichiarazione che firmiamo oggi non può essere un momento di compiacimento retorico ma un preciso impegno politico“. Tajani ha evidenziato le priorità, a cominciare dall’obiettivo di “far ripartire un progetto di una difesa comune. Per proteggere i nostri cittadini è necessaria più fiducia reciproca, così come per controllare i nostri confini bisogna rafforzare la guardia costiera e la polizia di frontiera. Bisogna essere rigorosi nel respingere l’immigrazione illegale e nell’accogliere chi ha diritto”. E accanto a questo una “strategia comune” nei confronti dei vicini con una “robusta diplomazia economica“. Per affrontare queste sfide – ha proseguito – serve mai come ora unità europea. Non potremo mai vincere se non avremo valori a cui fare riferimento: le grandi sfide non si vincono se non si ha qualcosa dentro in cui credere. L’Europa è un grande ideale, vale la pena crederci e dedicare il nostro futuro alla realizzazione di questo grande sogno da regalare ai nostri figli. Se ne saremo capaci, sono convinto – ha concluso – che l’Europa saprà dare risposte a mezzo miliardo di persone che guardano con fiducia al futuro”.
Dopo i discorsi di Muscat, Tusk e del presidente della Commisione Juncker i leader europei hanno firmato la dichiarazione congiunta. A seguire il pranzo al Quirinale offerto dal Presidente della Repubblica Mattarella.