In Messico, il Paese più violento al mondo, scompaiono nel nulla più di 10mila migranti: uomini e donne “desaparecidos” che dal Sud America tentano di varcare i confini messicani per entrare illegalmente negli Stati Uniti ma che vengono prima “intercettati” dai cartelli criminali.
Padre Solalinde
Lo ha detto ieri in una intervista al Sir padre Alejandro Solalinde, 72 anni, il prete messicano “anti Narcos” che 10 anni fa ha fondato il primo centro per migranti messicano, “Hermanos en el camino” (“Fratelli sulla strada”) a Ixpetec, nello Stato di Oaxaca.
Il sacerdote vive sotto scorta da 5 anni: sulla sua testa pende infatti una taglia di 1 milione di dollari che i boss del traffico di stupefacenti e carne umana hanno posto per chiudergli la bocca. Da anni Solalinde, tra i candidati al Nobel per la pace 2017, non non ha paura di denunciare le connivenze dei Narcos con le forze dell’ordine e la politica di Città del Messico.
70mila desaparecidos
Secondo “Hermanos en el camino”, ogni anno oltre 500mila migranti senza documenti cercano di raggiungere via Messico gli Stati Uniti, divenendo facili prede della criminalità organizzata. Una volta giunti nel Paese del Presidente Nieto, vengono rapiti, torturati, violentati e – se non pagano il riscatto alla criminalità organizzata locale – anche uccisi. Per poi scomparire nel nulla. Oltre 10mila i desaparecidos, denuncia “Hermanos”, ma secondo il Movimento dei migranti mesoamericano sono molti di più: oltre 70mila.
La tragedia delle fosse comuni
Ma dove vanno a finire tutti quei morti? Nelle fosse comuni, denuncia il sacerdote. “Non esiste un altro Paese al mondo come il Messico dove spariscono così tante persone, non solo migranti. Le fosse clandestine sono un orrore – racconta padre Solalinde a patrizia Caiffa del Sir -. Ogni giorno se ne scopre una. La sera prima di partire per l’Italia [il sacerdote è in questi giorni in Italia per presentare il suo libro “I narcos mi vogliono morto” (Emi)] ho parlato con persone di quattro località diverse che mi raccontavano di nuove fosse clandestine.
“La maggior parte dei corpi sono di migranti poveri che venivano dal Sud e Centro America: hanno incontrato in Messico la morte perché non hanno potuto pagare il riscatto o non hanno voluto lavorare come sicari per il crimine organizzato. Queste sparizioni hanno a che vedere con le corporazioni poliziesche del Messico ma anche con l’esercito e la Marina. Viviamo – conclude Solalinde – in uno Stato dove il crimine organizzato si è maledettamente infiltrato”.