Guerre, povertà, rapine di risorse naturali e problemi climatici sono le cause di una nuova, inopinata crescita della fame nel mondo. È ciò che emerso nel corso della quarantesima conferenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao), che si è aperta ieri a Roma.
“Oggi oltre ottocento milioni di persone soffrono ancora di fame cronica”, lancia l’allarme José Graziano da Silva, direttore generale dell’organizzazione. Il quale sottolinea che “quasi il 60 per cento delle persone malnutrite vive in Paesi colpiti dalle guerre e dagli effetti dannosi del cambiamento climatico”.
Sono diciannove i Paesi in cui la situazione di crisi è più grave a causa di eventi estremi come siccità e inondazioni. Il riferimento è soprattutto a Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Yemen che sono colpiti da carestie, con venti milioni di persone ben sotto gli standard nutritivi. Per molte di queste persone – ha affermato Graziano da Silva – “non c’è altra scelta se non incrementare le statistiche dell’emigrazione“.
Secondo il direttore della Fao, i progressi fatti nella lotta alla fame e alla povertà nei decenni passati oggi sono a rischio a causa di conflitti, dei cambiamenti climatici e del mutamento dei modelli di dieta.
Graziano da Silva ha spiegato che “la pace è ovviamente la chiave per porre fine a queste crisi, ma non possiamo attendere la pace per agire“. Egli ritiene “importante garantire che queste persone abbiano le condizioni per continuare a produrre il proprio cibo”.