Sono impresse nell’immaginario collettivo le foto in bianco e nero di quelle torme di donne che mimavano con le dita la forma triangolare della vagina. Erano gli anni settanta, quelli della contestazione nei confronti dell’ordine costituito. In questo clima di smania per una destrutturazione d’ogni archetipo ed identità, compresa quella biologica, il movimento femminista mosse passi importanti verso l’affermazione culturale.
Colta, impegnata, di ceto sociale medio-alto, la femminista tipo, compiendo certi gesti da trivio, usava la propria istruzione non per elevarsi, bensì per manifestare una regressione selvaggia. Lo sforzo intellettuale servì per foraggiare presso l’opinione pubblica l’immagine più rozza e meno femminile della donna.
La donna-oggetto
D’altronde rozza ed infelice è un’idea di donna che la liberazione sessuale invocata dalle femministe ha prodotto. Si tratta della donna affrancata dal pudore, ribelle allo stereotipo di custode del focolare. È la donna che, in nome della sua autodeterminazione, ha iniziato ad occupare anche i set porno. Per una sorta di eterogenesi dei fini, il femminismo ha legittimato la donna-oggetto.
E gli effetti sono catastrofici. Certi modelli pornografici sono penetrati nella mente dei più giovani, stimolando le parti più arcaiche dell’istintività umana. Presso molti adolescenti maschi è stata veicolata la figura di donna quale scarica di pulsioni sessuali, anche aggressive. Ma conseguenze di tutto ciò si hanno anche su coetanee dell’altro sesso. La pornodiva, o quantomeno la ragazza disinibita e svestita, rischia di diventare un modello estetico a cui ispirarsi.
Intervento alla vagina
Ne dà prova un fenomeno che si sta diffondendo nel Regno Unito, e su cui ha fatto luce una puntata della trasmissione Victoria Derbyshire show, sulla Bbc. In un solo anno, sono oltre duecento le ragazze, minorenni e in qualche caso persino di età inferiore ai nove anni, che si sono sottoposte a un intervento per modificare la vagina. Centocinquanta di loro non avevano ancora compiuto quindici anni.
La labioplastica, che consiste in un rimodellamento delle labbra della vagina, è garantita dal Servizio sanitario nazionale anche per le ragazze minorenni previa autorizzazione medica. È così che molte di queste piccole insoddisfatte dell’organo genitale si rivolgono a un medico sostenendo che la loro condizione ha conseguenze sul rapporto con lo sport e il sesso. Basta questa lamentela per ottenere il permesso a sottoporsi all’intervento a spese dello Stato.
Insoddisfazione estetica
La Bbc ha intervistato sul tema la ginecologa Naomi Crouch, la quale ha spiegato: “Trovo molto difficile che ci siano centocinquanta ragazze con meno di quindici anni con anomalie tali da giustificare un intervento di questo tipo”. La ginecologa ritiene piuttosto che all’origine della richiesta ci sia un’insoddisfazione estetica. “Le ragazze – ha detto – spesso se ne escono con commenti tipo ‘la odio’ o ‘vorrei rimuoverla’ e per una giovane sentirsi così è molto doloroso”.
Le fa eco la collega Paquita de Zulueta, che ha alle spalle oltre trent’anni di esperienza. “Mi è capitato di incontrare bambine di undici, dodici, tredici anni insoddisfatte della propria vagina – spiega la dottoressa -. Pensano che sia di misura e forma sbagliata. A volte sembrano disgustate, vorrebbero una vagina piccola come quella di Barbie”.
Il porno come modello
Secondo la de Zulueta è necessario ripartire dall’educazione delle nuove generazioni. Già, perché molte bambine vengono condizionate dal profluvio di immagini pornografiche a cui sono sottoposte. “Si dovrebbe spiegare – afferma la ginecologa – che c’è una distanza tra queste immagini e la realtà, che così come tutti abbiamo facce diverse, lo stesso vale per le parti intime”.
“Scomode somiglianze” con la mutilazione genitale
C’è dunque un allarme sociale, ma anche strettamente medico. Su quest’ultimo si sofferma la Crouch: “La legge dice che non dovremmo eseguire queste operazioni sugli organi in via di sviluppo”. Ed ha aggiunto che la pratica presenta “scomode somiglianze” con la mutilazione genitale femminile, che è vietata nel Regno Unito.
Quello stesso organo mimato con le dita e ostentato come simbolo di libertà negli anni Settanta, per molte ragazze è oggi motivo di frustrazione.