“La rassegnazione non è una virtù cristiana. Come non è da cristiani alzare le spalle o piegare la testa davanti a un destino che ci sembra ineluttabile”. Così Papa Francesco si rivolge ai tanti pellegrini che affollano piazza San Pietro in occasione dell’Udienza generale del mercoledì. Nella sua catechesi, il Pontefice si sofferma sul tema “L’attesa vigilante”, ricordando più volte che i cristiani non possono abbandonarsi “al fluire degli eventi con pessimismo, come se la storia fosse un treno di cui si è perso il controllo”, sottolineando che chi crede in Gesù “non è fatto per la noia, semmai per la pazienza”. Infine, rivolge due appelli: il primo, rivolto in particolare a tutti i fedeli, è un invito alla recita del Rosario per l’intenzione della pace nel mondo, in occasione della chiusura delle celebrazioni del Centenario delle ultime apparizioni mariane di Fatima (che ricorre venerdì 13 ottobre); il secondo appello lo rivolge alle Istituzioni di tutto il mondo affinché queste promuovano “una cultura che abbia come obiettivo la riduzione dell’esposizione ai rischi e alle calamità naturali”
Un’esistenza laboriosa
Il Papa ricorda come quella della “vigilanza” sia “uno dei fili conduttori del Nuovo Testamento” (cfr. Lc 12,35-36). Nel tempo che segue “la risurrezione di Gesù”, dove si alternano “momenti sereni e altri angosciosi, i cristiani non si adagiano mai”. Il Vangelo, fa notare il Pontefice, “raccomanda di essere come dei servi che non vanno mai a dormire, finché il loro padrone non è rientrato”. Per Bergoglio il mondo di oggi “esige la responsabilità” dei cristiani, “e noi ce la assumiamo tutta e con amore”. Infatti, è Gesù stesso che vuole “che la nostra sia un’esistenza laboriosa, per accogliere con gratitudine e stupore ogni nuovo giorno donatoci da Dio”. “Ogni mattina è una pagina bianca che il cristiano comincia a scrivere con le opere di bene”, aggiunge. E anche se siamo “già stati salvati dalla redenzione di Gesù”, adesso “attendiamo la piena manifestazione della sua signoria”, ovvero “quando finalmente Dio sarà tutto in tutti”. Per chi ha fede, ricorda il Santo Padre, “nulla è più certo di questo ‘appuntamento'”. E i cristiani devono “essere pronti” a questo “incontro”.
Fatti per la pazienza
“Il cristiano non è fatto per la noia; semmai per la pazienza“, sottolinea il Papa, ricordando che chi crede “sa che anche nella monotonia di certi giorni è nascosto un mistero di grazia”. Nel mondo, fa notare, “ci sono persone che con la perseveranza del loro amore diventano come pozzi che irrigano il deserto”. “Nulla avviene invano – prosegue – e nessuna situazione in cui un cristiano si trova immerso è completamente refrattaria all’amore”. Quando si rimane uniti a Gesù, “il freddo dei momenti difficili non ci paralizza”, e “se anche il mondo intero predicasse contro la speranza”, o “dicesse che il futuro porterà solo nubi oscure”, “il cristiano sa che in quello stesso futuro c’è il ritorno di Cristo“. Nessuno può sapere quando questo accadrà, ma, aggiunge il Pontefice, “il pensiero che al termine della nostra storia c’è Gesù Misericordioso, basta per avere fiducia e non maledire la vita”. Alla fine dei tempi “tutto verrà salvato“, perché “la dolce e potente memoria di Cristo scaccerà la tentazione di pensare che questa vita è sbagliata”.
Guardare alla storia con fiducia
Quando un uomo incontra Gesù non può non scrutare “la storia con fiducia e speranza”. Il Papa paragona Cristo ad una casa, con dentro tutti i fedeli, e dalle finestre di questa casa i credenti osservano il mondo. Perciò, prosegue, “non ci richiudiamo in noi stessi, non rimpiangiamo con malinconia un passato che si presume dorato, ma guardiamo sempre avanti, a un futuro che non è solo opera delle nostre mani, ma che anzitutto è una preoccupazione costante della provvidenza di Dio”. Poi afferma: “Dio non smentisce sé stesso”. E a braccio aggiunge: “Non delude mai”. “La sua volontà nei nostri confronti non è nebulosa, ma è un progetto di salvezza ben delineato”. Allora, “non ci abbandoniamo al fluire degli eventi con pessimismo, come se la storia fosse un treno di cui si è perso il controllo”. “La rassegnazione non è una virtù cristiana – ammonisce -. Non è da cristiani alzare le spalle o piegare la testa davanti a un destino che ci sembra ineluttabile”.
Costruttori di pace
Per il Papa, “chi reca speranza al mondo non è mai una persona remissiva“. E’ lo stesso Gesù a raccomandarci “di attenderlo senza stare con le mani in mano”. Quindi l’invito a essere costruttori di pace. “In ogni giorno della nostra vita, ripetiamo quell’invocazione che i primi discepoli, nella loro lingua aramaica, esprimevano con le parole Marana tha, e che ritroviamo nell’ultimo versetto della Bibbia – conclude -. È il ritornello di ogni esistenza cristiana: nel nostro mondo non abbiamo bisogno di altro se non di una carezza del Cristo“.
Il ricordo di Fatima
Dopo aver salutato i tanti pellegrini che affollano un’assolata piazza San Pietro, il pensiero del Pontefice va a Fatima, dove venerdì 13 ottobre si concluderà il Centenario delle ultime apparizioni mariane. Da qui l’invito “a pregare il Santo Rosario per l’intenzione della pace nel mondo. Possa la preghiera smuovere gli animi più riottosi affinché “bandiscano dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e costruiscano comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace”.
L’appello per la cura del creato
Venerdì 13 ottobre ricorre anche la “Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali“. Papa Francesco rinnova allora il suo appello per la salvaguardia del creato: “Incoraggio, pertanto, le Istituzioni e quanti hanno responsabilità pubblica e sociale a promuovere sempre più una cultura che abbia come obiettivo la riduzione dell’esposizione ai rischi e alle calamità naturali. Le azioni concrete, volte allo studio e alla difesa della casa comune, possano ridurre progressivamente i rischi per le popolazioni più vulnerabili”.