La Chiesa non può essere “afona” o “stonata” nella difesa e promozione delle persone con disabilità. Lo ha detto Papa Farncesco nell’udienza di questa mattina, in Sala Clementina, ai partecipanti al Convegno su “Catechesi e persone con disabilità” organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Nessuno si senta straniero in casa propria
“Conosciamo il grande sviluppo che nel corso degli ultimi decenni si è avuto nei confronti della disabilità – ha esordito il Pontefice -. La crescita nella consapevolezza della dignità di ogni persona, soprattutto di quelle più deboli, ha portato ad assumere posizioni coraggiose per l’inclusione di quanti vivono con diverse forme di handicap, perché nessuno si senta straniero in casa propria”.
Eppure, ha evidenziato il Papa, esistono nella società molte espressioni che ledono la dignità delle persone con disabilità a causa del “prevalere di una falsa concezione della vita”. Una visione, spiega, spesso “narcisistica e utilitaristica” che porta non pochi a “considerare come marginali le persone con disabilità, senza cogliere in esse la multiforme ricchezza umana e spirituale”.
No all'eugenetica sui feti malati
La società contemporanea è impermeata di una mentalità comune di rifiuto dei disabili, come, come se l'handicap “impedisse di essere felici” e di “realizzare sé stessi”. “Lo prova – aggiunge Bergoglio – la tendenza eugenetica a sopprimere i nascituri che presentano qualche forma di imperfezione. In realtà, tutti conosciamo tante persone che, con le loro fragilità, anche gravi, hanno trovato, pur con fatica, la strada di una vita buona e ricca di significato. Come, d’altra parte, conosciamo persone apparentemente perfette e disperate! D’altronde – evidenzia – è un pericoloso inganno pensare di essere invulnerabili“.
Amore pietistico
L'unica risposta all'indifferenza e alla non accettazione è l'amore. Ma non, specifica Papa Francesco, quello “falso, sdolcinato e pietistico”, ma quello vero, vale a dire “concreto e rispettoso“. “Nella misura in cui si è accolti e amati, inclusi nella comunità e accompagnati a guardare al futuro con fiducia – ha detto il Pontefice – si sviluppa il vero percorso della vita e si fa esperienza della felicità duratura. Questo vale per tutti, ma le persone più fragili ne sono come la prova”.
La chiave di volta è la fede. Essa rappresenta “una grande compagna di vita quando ci consente di toccare con mano la presenza di un Padre che non lascia mai sole le sue creature, in nessuna condizione della loro vita”. Per tale motivo, la Chiesa “non può essere “afona” o “stonata” nella difesa e promozione delle persone con disabilità. La sua vicinanza alle famiglie le aiuta a superare la solitudine in cui spesso rischiano di chiudersi per mancanza di attenzione e di sostegno”.
Liturgia dell'inclusione
“Questo vale ancora di più” ha chiarito il Papa “per la responsabilità che possiede nella generazione e nella formazione alla vita cristiana. Non possono mancare nella comunità le parole e soprattutto i gesti per incontrare e accogliere le persone con disabilità. Specialmente la Liturgia domenicale dovrà saperle includere, perché l’incontro con il Signore Risorto e con la stessa comunità possa essere sorgente di speranza e di coraggio nel cammino non facile della vita”.
La catechesi, ha rimarcato il Pontefice, è quindi “chiamata a scoprire e sperimentare forme coerenti perché ogni persona, con i suoi doni, i suoi limiti e le sue disabilità, anche gravi, possa incontrare nel suo cammino Gesù”. Nessun limite fisico e psichico potrà mai essere un impedimento a questo incontro. E noi ministri della grazia di Cristo, stiamo attenti “a non cadere nell’errore neo-pelagiano di non riconoscere l’esigenza della forza della grazia che viene dai Sacramenti dell’iniziazione cristiana”.
“Impariamo a superare” ha concluso Papa Francesco “il disagio e la paura che a volte si possono provare nei confronti delle persone con disabilità. Impariamo a cercare e anche a “inventare” con intelligenza strumenti adeguati perché a nessuno manchi il sostegno della grazia. Formiamo – prima di tutto con l’esempio! – catechisti sempre più capaci di accompagnare queste persone perché crescano nella fede e diano il loro apporto genuino e originale alla vita della Chiesa. Da ultimo, mi auguro che sempre più nella comunità le persone con disabilità possano essere loro stesse catechisti, anche con la loro testimonianza, per trasmettere la fede in modo più efficace”.