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Tra violenza e fiducia nel futuro

A distanza di due mesi il Kenya torna alle urne per le elezioni presidenziali. Le elezioni sono però macchiate dal sangue degli scontri, di cui ha conferma l'associazione Steadfast Onlus tramite il suo presidente, Emmanuele Di Leo.

Si tratta di tafferugli che, nonostante le tre vittime e gli oltre venti feriti di ieri, non destano grande preoccupazione in una popolazione abituata alle tensioni.

Lo scontro di fatto è tra due schieramenti. La prima fazione è quella appartenente alla tribù Kikuyu, da dove proviene l’attuale presidente keniota, Uhuru Kenyatta; la seconda è appartenente alla tribù degli Jaluo, opposta fazione che ha dichiarato l’invalidità del voto di due mesi fa. Le due tribù sono entrambe di religione cristiana, ciò fa sperare ad una soluzione diplomatica della questione anche dopo il nuovo voto.

I Kykuyu da sempre nella storia del Kenya hanno tenuto le redini del governo. Il primo presidente keniano da dopo l’indipendenza del Paese è stato proprio il padre dell’attuale presidente Uhuru Kenyatta. In queste ore gli Jaluo, da cui proviene l’avversario politico di Kenyatta, Odinga, stanno bloccando l’affluenza ai seggi per impedire che le persone votino.

C’è da dire che Uhuru ha accettato tranquillamente la possibilità di ripetere le elezioni, anche se ci sono forti dubbi che ci siano stati veri e propri brogli. Questo arreca nella popolazione, secondo i contatti di Di Leo, “molta fiducia nell’attuale presidente”. Infatti il presidente di Steadfast ci fa sapere che Kenyatta ama profondamente il Kenya e che la popolazione spera molto in lui, proprio “per la sua visione futura”.

Una visione che prevede un Kenya completamente diverso nel 2030. Uhuru ha molti progetti per il suo Paese e crede fermamente in quello che lui, la sua famiglia e la sua tribù da sempre hanno fatto per il Kenya. Tra i suoi progetti c’è lo sviluppo maggiore della rete ferroviaria, che attualmente copre la direttrice Nairobi-Mombasa, per permettere spostamenti e un trasporto migliore per tutti. Sviluppare l’intero Paese, esaltando le sue ricchezze provenienti dalla terra, come le piantagioni di caffè, tè, canna da zucchero, tabacco e piretro; aumentando i commerci con altre nazioni, potenziando maggiormente il turismo, potenziando le industrie petrolchimiche.

La povertà è un grave problema in Kenya – rileva Steadfast Onlus -, peggiorato dalla piaga della corruzione e dalla violazione dei diritti umani e bisogna fare ancora molto.

Parlando con il suo contatto, Emmanuele Di Leo sottolinea che il problema terroristico è molto diminuito rispetto ai precedenti anni, quando il gruppo armato somalo Shabaab destava seri problemi anche al Kenya. La fonte di Steadfast è quasi certa che questa difficoltà politica che si è presentata, portando ad alcune rappresaglie davanti ai seggi da parte degli Jaluo, dovrebbe risolversi subito dopo le elezioni.

Il contatto ne è convinto, principalmente perché i keniani sono un popolo molto religioso e non guerrafondaio. Confermano che in entrambe le fazioni, che in questi giorni si stanno affrontando, c’è una preparazione di fondo, una cultura ed educazione ricevuta. Queste fonti confermano che la popolazione ha una paura contenuta, sicuramente ad oggi evita di uscire in strada, almeno solo per cose veramente importanti, ma confida molto in Uhuru Kenyatta: “Lui tiene tutto sotto controllo e noi ci sentiamo sicuri con lui”, affermano.

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