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La proposta russa e la “neutralità attiva” del Kazakistan

La dichiarazione congiunta rilasciata dalle delegazioni di Russia, Iran e Turchia al termine dei lavori non lascia trapelare ulteriori spiragli: il settimo round dei colloqui di Astana per la Siria, tenutosi il 30 ed il 31 ottobre nella capitale kazaka, si è concluso ancora una volta senza un vero e proprio accordo tra i tre Paesi garanti e la controparte rappresentata dall’opposizione operante contro le truppe regolari del governo Assad. L’agenda dell’ultima tornata di colloqui è stata scandita da tematiche per lo più di carattere umanitario, ma di importanza massima per la stabilizzazione del regime di cessate il fuoco come la liberazione degli ostaggi, la restituzione delle salme dei caduti e lo scambio di informazioni relative ai dispersi. In ogni caso, l’evento è riuscito a fungere da “trampolino di lancio” per l’iniziativa russa di organizzare un grande “Congresso per la Riconciliazione Nazionale” siriana proprio in Russia, a Soči, il 18 novembre, smentendo i quanti davano la base aerea di Khmeimin (nella Siria occidentale) quale luogo designato per l’incontro: secondo quanto riportato dalla Kazachstanskaja Pravda, il Rappresentante della delegazione russa Aleksandr Lavrent’ev ha affermato che la location siriana è stata scartata per motivi strettamente relativi alla sicurezza.

Il ruolo di Mosca

Questo tentativo russo ha lo scopo di rafforzare ulteriormente la posizione di Mosca in qualità di broker incontrastato nel complesso scenario siriano: la Russia, in altre parole, cerca di giocare d’anticipo volendo arrivare al prossimo round dei colloqui di Ginevra (in programma il prossimo 27 novembre) gestendo il netto vantaggio accumulato rispetto agli altri attori in gioco, avendo già raggiunto dei risultati tangibili nella stabilizzazione politica della Siria e, soprattutto, avendo ormai “blindato” la vittoria sul campo, determinata dall’avanzare dell’esercito regolare fedele ad Assad coadiuvato dalle forze della VVS (l’aviazione russa) e dalla progressiva sconfitta sia delle milizie dell’ISIS, che da quella dei “ribelli moderati”. Il tentativo di Mosca ha trovato parere favorevole da parte delle presenti delegazioni di Turchia ed Iran (Paesi dagli interessi geopolitici storicamente divergenti, eppure riunitisi in Kazakistan proprio per discutere intorno ad un tavolo comune), che però hanno preso tempo, convenendo nel voler prima portare la proposta all’attenzione dell’Onu proprio in occasione dei prossimi colloqui di Ginevra, facendo così “slittare” la tempistica delle ambizioni russe.

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Gli invitati

La piattaforma di dialogo creatasi nelle lussuose sale dell’hotel Rixton di Astana è stata ispirata, nel dicembre 2016, da una conversazione telefonica tra il Presidente russo Putin ed il suo omologo turco Erdoğan. Nasce come iniziativa complementare ai più noti colloqui di Ginevra e si differenzia da quest’ultimi proprio per la “lista degli invitati”: la Russia, tramite Astana, è riuscita a riunire intorno ad un unico tavolo tutte le forze svolgenti esclusivamente un ruolo “attivo” nelle manovre militari del conflitto siriano, facilitando, in tal modo, l’ottenimento dei primi risultati tangibili nella risoluzione degli scontri. Le quattro de-escalation zones proposte nel quarto round di maggio stanno contribuendo non poco al rispetto del cessate il fuoco e alla creazione di diversi corridoi umanitari. I risultati finora raggiunti dalle parti in causa sono stati positivamente commentati dal Presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev: i rappresentanti di tutte le delegazioni presenti sono stati, infatti, ricevuti presso l’Ak Orda, il palazzo presidenziale che si staglia imponente sullo sfondo del nuovo centro della capitale kazaka, una città moderna (nel 1997 sono iniziati i lavori per la costruzione del centro amministrativo), simbolo delle ambizioni di questo Paese centro-asiatico indipendente solo dal 1991. Secondo quanto riportato dai media kazaki, Nazarbaev ha  affermato che “qualsiasi accordo, qualsiasi dialogo rappresenta il cammino verso il futuro. Tutti noi vogliamo che questa crisi si risolva in maniera pacifica. Sarà impossibile sconfiggere il terrorismo senza il contributo di tutti i Paesi riuniti in un’unica coalizione”.

Il contributo kazako

In Occidente, la piattaforma di Astana ha finora ricevuto una scarsa attenzione mediatica. Ciò ha contributo ad eclissare il ruolo di intermediario svolto proprio dal Kazakistan riguardo la crisi siriana. In un briefing organizzato dal Ministero degli Esteri kazako con la stampa estera, il Vice-Ministro degli Esteri Erzhan Ashikbaev ha dichiarato che, per il Kazakistan, “non vi è alcun interesse nazionale in gioco, se non quello di contribuire a rendere sicura l’area mediorientale”, ricordando gli sforzi profusi nel 2013 da Astana per la normalizzazione dei rapporti tra l’Iran e l’Occidente riguardo l’accordo per il nucleare. In realtà, con la possibilità di organizzare la logistica di una così importante piattaforma di dialogo, il Kazakhstan difende il proprio interesse nazionale sfruttando il cosiddetto principio di “neutralità attiva” in una strategia di politica estera definibile “multivettoriale”, che gli consente di rimanere in una posizione equidistante nel merito del conflitto siriano, ma al contempo di trarre vantaggio migliorando i rapporti bilaterali con ciascun Paese intervenuto ai colloqui. Non a caso, proprio a margine di “Astana-7”,  si registra la visita del Re di Giordania Abd Allah II, ricevuto dal Presidente kazako ed insignito del premio “Nazarbaev” per “un mondo senza armi nucleari e per la sicurezza globale” (evento seguito dalla firma di una serie di accordi bilaterali tra Giordania e Kazakistan in materia di cooperazione nel campo della sicurezza e dell’antiterrorismo), nonché l’incontro tra il Ministro degli Esteri kazako Kairat Abdrachmanov e l’Assistente del Segretario di Stato USA per il Medio Oriente, David Satterfield (presente ai colloqui in qualità di rappresentante degli Stati Uniti) con il quale sono stati rimarcati i continui progressi della cooperazione strategica in atto tra Astana e Washington, ulteriormente corroborata dalla conversazione telefonica avvenuta tra Trump e Nazarbaev proprio lo scorso settembre. 

Giannicola Saldutti, ricercatore associato presso il programma “Eurasia” dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliari (IsAG), ha seguito come unico giornalista italiano accreditato il settimo round dei colloqui di Astana

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