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Così sono rinata dopo l'incubo del cancro

Ogni anno il tumore del seno miete vittime e getta un’ombra nera nella vita di migliaia di donne e delle loro famiglie. A oggi l'unica vera arma per combatterlo è la prevenzione. Non sentirsi coinvolti può rivelarsi un grave errore; questa malattia, infatti, non guarda in faccia nessuno e può stravolgere l'esistenza di chiunque. Non manca, poi, chi, una volta affrontata la malattia, decide di mettere a disposizione degli altri la propria esperienza per portare speranza. Come la giornalista Donatella Gimigliano, ideatrice del premio Camomilla e presidente dell’Associazione Consorzio Umanitas onlus e della Onlus Integrarte. A In Terris ha raccontato la sua risalita dal tunnel e l'impegno quotidiano al fianco di quante si trovano ancora in mezzo al fiume. 

Donatella, come hai scoperto di essere malata?

“Lavoravo come press office sul set del calendario Miss Italia 'Donne che vincono' firmato dalla nota fotografa Tiziana Luxardo. Al rientro verso casa mi accadde uno stupido incidente, persi l’equilibrio e lo scooter mi cadde addosso, sbattendo sul petto.  Al pronto soccorso mi fecero una lastra dove non  risultava nessun trauma, dopo qualche mese, all’altezza del punto in cui avevo sbattuto, notai  una piccola protuberanza. Col passare del tempo diventava sempre più evidente. Ingenuamente pensavo si trattasse di un ematoma che non guariva”. 

Quando è stata fatta la diagnosi ?

“L’ematoma al seno non passava. Da qui la decisione di rivolgermi a Raffaele Rauso, giovane e promettente chirurgo plastico, che capì subito che qualcosa non andava e volle effettuare accertamenti più mirati, compresa una biopsia. I risultati mi vennero consegnati il giorno della vigilia di Natale. La diagnosi era chiara,  netta: carcinoma duttale infiltrante. Il mondo mi crollò addosso. Purtroppo ho perso mia sorella con lo stesso male e ricordo mia nonna con un solo seno, anche se è vissuta a lungo. Pensavo di scamparla e invece no”. 

La decisione di effettuare la mastectomia è stata traumatica?

“Direi di si, non è facile, è una violenza che la donna subisce, alla propria femminilità. Ti senti distrutta, hai paura di non tornare più come prima. Angelina Jolie, l’attrice americana ha dato un grande esempio a tante donne, è bellissima, ma al primo posto ha messo la salute. Dopo  una serie di consulti, prendemmo la decisione di effettuare una mastectomia preventiva, grazie ai consigli e all’intervento di Riccardo Masetti, Direttore di Chirurgia senologica del Policlinico Gemelli  di Roma”.

Dopo l’intervento per la rimozione del tumore hai affrontato quello per la ricostruzione del seno…

“Grazie al Prof. Masetti incontrai il mio terzo angelo, la dottoressa Marzia Salgarello, chirurgo plastico ricostruttivo dello staff di Masetti. Mi  entusiasmò l’idea di affidarmi a una donna, credo nella solidarietà femminile e nella loro grande professionalità . Lei, insieme al chirurgo, hanno fatto un capolavoro e il mio seno è più bello di prima. Ma ha fatto di più. Di fronte a un serio problema di rischio necrosi di una ferita, non mi ha mollata e mi ha voluto vedere quasi tutti i giorni per due mesi fino a quando non sono guarita. Avevo solo un 20 per cento di possibilità di venirne fuori senza tornare in sala operatoria. E grazie a lei, e alla sua tenacia, ho superato tutto”. 

In un certo senso l'incidente con lo scooter è stato provvidenziale…

“Credo che ci sia sempre un disegno più grande, qualcuno lassù mi ha protetta. L’incidente mi ha salvato la vita, anche perché dopo poco arrivarono i risultati dei prelievi istologici e rivelarono che anche l’altro seno si stava ammalando. Il mio oncologo, Fabio Marazzi, mi spiegò che da anni avevo il cancro, ma che non era ancora visibile. Quell’incidente, quell’urto, proprio sul punto esatto dove si stava concentrando il tumore, è stato rivelatore”.

Come è cambiata la tua vita?

“In tante cose. Dopo questa esperienza è cambiata e se prima vivevo in totale dedizione al mio lavoro, trascurando e sacrificando me stessa e la mia vita privata, adesso la mia scala di valori si è invertita. Sento profondamente la necessità di aiutare chi come me sta passando un momento buio ed esperienze dolorose, dalla sofferenza del cancro a quella della violenza. Sono Presidente di due Onlus, sostengo l’associazione Salvamamme, ho ideato l’evento Women for Women against Violence e l’istituzione del Premio Camomilla, giunto quest’anno alla terza edizione, un riconoscimento per chi si distingue nel sociale nei due temi a me cari: il cancro e la violenza. E poi ho incontrato tante donne meravigliose, tanto amore. Ho fondato in Calabria IntegrArte, che si ispira all’Accademia l’Arte nel Cuore di Roma, ideata e fondata da Daniela Alleruzzo, primo progetto di formazione multidisciplinare integrata per ragazzi disabili e normodotati, sarà operativo il prossimo anno. Oggi si dice che non c’è solidarietà, non credo sia vero. Non emerge, spesso è silenziosa, ma tanto, tanto operosa”. 

Programmi per il futuro?

“Una domanda difficile, oggi c’è tanta precarietà ed io l’ho provata anche per la salute. Ogni giorno è un nuovo progetto, speriamo che si realizzi”. 

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