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Rapporto sulla pedofilia, “una tragedia nazionale”

Cinque anni. Tanto è durata l'indagine della Commissione australiana d'inchiesta circa gli abusi sessuali su minori commessi all'interno delle Istituzioni, statali e religiose, del Paese dei canguri. 15 mila le deposizioni, oltre 8 mila le vittime ascoltate a porte chiuse. Testimonianze raccolte in un rapporto che si compone di 17 volumi e si conclude con 409 raccomandazioni. Ad oggi, questa è l'inchiesta più approfondita sulla pedofilia nella storia d'Australia: le indagini hanno riguardato chiese, enti di beneficenza, governi locali, scuole, organizzazioni comunitarie, gruppi di boy scout, club sportivi, e anche commissariati di polizia.

Il 60% vittima di preti cattolici

Tra le pagine più buie, quelle che riguardano le testimonianze degli abusi subiti da preti cattolici. Secondo il rapporto, infatti, di tutte le vittime che hanno riportato violenze sessuali in istituzioni religiose, oltre il 60% ha dichiarato che sono stati subiti da sacerdoti e religiosi appartenenti alla Chiesa cattolica. La Commissione, nel testo, critica aspramente il modus operandi dell'istituzione ecclesiale, affermando: “la Chiesa cattolica in Australia ha dimostrato fallimenti catastrofici di leadership, specie prima degli anni 1990”. E le principali raccomandazioni che la Commissione ha proposto riguardano proprio la Chiesa cattolica e in particolare il segreto della confessione. Nel testo si richiede l'obbligo per i sacerdoti di riportare alla polizia abusi sessuali a essi rivelati, e di “revisionare” il voto di castità dichiarando che contribuisce agli abusi a minori. Inoltre, la Commissione chiede che sia istituito un nuovo reato per facilitare procedimenti penali a carico di istituzioni che hanno mancato di proteggere i minori, e che siano creati un Ufficio nazionale per la sicurezza dei minori, un sito web e un telefono amico per denunciare tali atti. Lo scorso febbraio, la stessa Commissione aveva illustrato l'entità del problema: il 7% dei religiosi cattolici australiani è stato accusato di abusi sessuali su minori tra il 1950 e il 2010 senza però che i sospetti siano finiti sotto indagine; in alcune diocesi la percentuale ha raggiunto il 15% dei sacerdoti sospettati di pedofilia.

“Ripensare il voto di castità”

Tra le 409 raccomandazioni contenute nel rapporto conclusivo dell'indagine sulla pedofilia in Australia, la commissione propone di rivedere il segreto della confessione, con l'obbligo per i sacerdoti di riportare alla polizia abusi sessuali a essi rivelati. E anche di ripensare il voto di castità, considerandolo all'origine di molti abusi sui minori, suggerendo che diventi “volontario”. Indicazioni respinte dai vescovi cattolici di Sydney, mons. Anthony Fisher, e di Melbourne, mons. Dennis Hart. Quest'ultimo ha ammesso che se qualcuno gli rivelasse in confessione di aver commesso abusi su minori si sentirebbe “terribilmente combattuto”, ma non violerebbe il segreto: “La pena per un sacerdote che viola il segreto della confessione è la scomunica, è una questione spirituale, reale e grave”.

Santa Sede: “Vicinanza alla Chiesa australiana e alle vittime”

“La Santa Sede resta vicina alla Chiesa cattolica in Australia – fedeli laici, religiosi e clero – mentre ascolta e accompagna le vittime e i sopravvissuti nello sforzo di portare guarigione e giustizia”. E' quanto si legge in un comunicato diffuso dalla Sala Stampa vaticana. “Il risultato degli accurati sforzi compiuti dalla Commissione negli ultimi anni – si legge – merita di essere studiato approfonditamente”. Da Oltretevere, inoltre, ricordano il recente incontro di Papa Francesco con la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori. In quell'occasione, il Pontefice “ha affermato che la Chiesa è chiamata ad essere luogo di compassione, soprattutto per coloro che hanno sofferto, e ha ribadito che la Chiesa è impegnata nell’assicurare ambienti che garantiscono la protezione di tutti bambini e adulti vulnerabili”.

Le audizioni di Pell

Fra i prelati che hanno deposto davanti alla commissione anche l'ex cardinale di Sydney, George Pell, chiamato in causa non per fatti direttamente a lui attributi ma per aver “coperto” reati commessi da sacerdoti della sua diocesi. Il prelato è stato in seguito rinviato a giudizio in Australia il prossimo marzo su accuse di multipli reati di pedofilia “storici”, ai danni di numerose vittime. Il porporato, a cui Papa ha accordato un periodo di congedo dall'incarico di Prefetto degli Affari Economici del Vaticano, ha sempre respinto fermamente. 

Turnbull: “Una tragedia nazionale”

Il rapporto della Commissione australiana d'inchiesta sulle risposte istituzionali sulla pedofilia “ha rivelato una tragedia nazionale, perpetrata per generazioni in molte istituzioni di fiducia”, e il Paese “è venuto meno in modo grave ai suoi doveri” di protezione dei minori. Con queste parole il premier Malcolm Turnbull ha commentato il report della Commissione sugli abusi ai minori. Il primo ministro australiano ha annunciato che darà vita ad una task force per dare immediato seguito a quanto scritto nel rapporto, lodato il coraggio delle vittime e dei loro parenti che hanno collaborato all'inchiesta. Annunciato anche lo stanziamento di 52,1 milioni di dollari per l'assistenza alle vittime.

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