L'Egitto rispolvera la poligamia per far fronte alla crisi dell'istituto matrimoniale. I dati parlano chiaro: secondo il Centro nazionale per la ricerca sociologica e criminologica il tasso di divorzi è in crescita (in alcune città al momento dell'ultima rilevazione raggiungeva il 60%) e aumenta anche il numero di donne non sposate (a ottobre erano 11 milioni, cioè il 50% di quelle in età di matrimonio). Non solo: il 25% dei mariti egiziani si sposa una seconda volta a meno di tre anni dalle prime nozze. Ma in questo caso il numero di divorzi raggiunge il 70%. Da qui l'idea di riproporre le famiglie composte da una pluralità di mogli, previste dal diritto islamico ma desuete da diversi decenni.
La proposta
Secondo i promotori la poligamia “dà alle donne più chance di trovare marito“, e dall'altro lato “permette all'uomo di gestire meglio la frustrazione del primo matrimonio, che di solito provoca il divorzio”. Tra i sostenitori di un ritorno al passato c'è anche Rania Hashem, autrice del libro “Poligamia: un diritto religioso“. “Le donne non hanno diritto a opporsi all'idea che loro marito cerchi anche altre mogli, perché non possono contraddire ciò che Allah ha chiarito nel Corano” ha spiegato a più riprese durante i suoi interventi nei talk televisivi. “Nell'assecondare la volontà di tuo marito di prendere in sposa altre donne, stai rispettando le regole dell'Islam“, ha aggiunto, insistendo poi sul fatto che l'istituto risolverebbe il problema della “sproporzione sessuale” in Egitto, e cioè la carenza di uomini a fronte dell'elevato numero di donne.
Dibattito
La proposta, ovviamente, non trova tutti d'accordo. Per i movimenti che promuovono i diritti delle donne nel Paese le cause della crisi dei matrimoni vanno ricercate altrove. “I ragazzi all'inizio delle loro carriere spesso non possono permettersi di far fronte ai costi del matrimonio, i quali includono una casa arredata, la dote per la famiglia della sposa, eccetera , ha sottolineato l'amministratrice delegata dell'Associazione per lo Sviluppo e l'Empowerment femminile, Imam Bibars, nel corso di un'intervista ad Al Monitor – . Le richieste che di solito fanno le famiglie della sposa, (anche in famiglie povere) sono spesso esorbitanti, impossibili da accontentare per la gran parte degli uomini. Quelli che invece possono permetterselo sono uomini più anziani, avanti con le loro carriere, che magari cercano una seconda moglie più giovane”.
Il fenomeno
La poligamia, spiega un'infografica pubblicata da Termometro politico lo scorso anno, è attualmente consentita in oltre 50 Paesi. La gran parte (dislocata fra Asia e Africa) è a maggioranza musulmana. Tuttavia non mancano Stati – come la Repubblica Democratica del Congo, lo Zambia, l'Uganda e la Birmania – dove la componente islamica è minoritaria ma la possibilità di matrimoni plurimi è tollerata. In 20 Paesi, infine, è illegale ma comunque praticata. Va tenuto conto che l'unica poligamia riconosciuta è la poliginia (un marito e più donne). Viceversa la poliandria (una moglie e più mariti) è considerate illegale pressoché ovunque. Nel 1985 in Egitto è stata approvata una legge che impone al marito di chiedere alla precedente moglie il consenso quando intende sposarne un'altra. Se questa non è d'accordo, o chiede il divorzio, dovrà provare che l'intenzione di sciogliere il matrimonio è direttamente correlata alla volontà del coniuge di contrarre seconde nozze contro il suo volere. Questa disposizione viene, tuttavia, spesso disapplicata dai giudici perché contraddice la Sharia, considerata (ex articolo 2 della Costituzione egiziana) la principale fonte del diritto.
Riflessione
La poligamia è, ovviamente, vietata dalla religione cristiana che propone un modello classico di famiglia, formata da un uomo, una donna e i figli. Una composizione che assicura non solo la piena parità di diritti e responsabilità tra marito e moglie ma anche maggiori tutele alla prole. Viceversa, al netto di ogni valutazione fideistica, i nuclei poligamici sono espressione di una cultura arcaica nella quale la donna veniva percepita come una pertinenza dell'uomo. Non a caso in molti Paesi islamici, Egitto compreso, tale modello è stato progressivamente abbandonato a favore di quello occidentale.