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Galantino, la Cei e il voto

Con l'avvicinarsi del 4 marzo è ormai alle battute conclusive la campagna elettorale. Che finora è stata caratterizzata più dalla ricerca di screditare l'avversario e da mirabolanti promesse che dalla proposta di obiettivi non illusori da raggiungere. E la Chiesa italiana che fa? In una recente intervista a TV2000 il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha detto in maniera esplicita che “la politica non spetta ai vescovi o al Papa”. Qualche commentatore lo ha accusato, per usare un eufemismo, di non essere sincero. In realtà mons. Galantino ha detto una cosa assolutamente vera se si intende la politica come sostegno a un partito mentre la Chiesa, come è logico che sia, non ha mai rinunciato al suo ruolo nell'indicare quelli che dovrebbero essere i compiti della politica, che la dottrina sociale indica come “forma alta” di carità perché si occupa del bene comune.

Con buona pace degli oppositori dell'arcivescovo, è morto e sepolto il collateralismo che aveva caratterizzato il legame a doppio filo tra realtà ecclesiali e Dc ma appare altrettanto forzata una lettura che vede oggi la Cei appiattita su questo o quel partito.

Per comprendere meglio questo aspetto, basta andarsi a rivedere le dichiarazioni del segretario della Conferenza episcopale rilasciate il 20 aprile dello scorso anno al Corriere della Sera, all'indomani dell'intervista di Avvenire a Grillo e del giornale milanese al direttore del quotidiano dei vescovi. Furono dichiarazioni con cui Galantino chiarì la posizione della Chiesa italiana rispetto al Movimento 5 Stelle: “Parlando delle affinità tra cattolici e M5S, si sarebbe dovuto dar conto anche delle posizioni del Movimento di Grillo su temi sensibili per noi e sui quali siamo invece molto lontani: se non altro per non facilitare letture e fraintendimenti su collateralismi futuri o futuribili tra la Chiesa e loro”, disse l'arcivescovo. Erano i giorni della discussione alla Camera del biotestamento, che aveva visto l'opposizione della Chiesa, approvato con i voti di SI, Pd e pentastellati.

Mons. Galantino in quelle dichiarazioni al Corriere aveva preso le distanze dal Movimento: “Non è che si possano fare sconti a Grillo, e sostenere che siamo su posizioni coincidenti per tre quarti. E il quarto su cui non lo siamo? Sui poveri siamo così d’accordo? Poveri sono anche i rifugiati che arrivano in Italia. E non mi sembra che su questo i Cinque Stelle siano in sintonia con la Chiesa. Non ci si può dire d’accordo con uno che rispetta sei comandamenti su dieci”. E non si tratta solo, come qualcuno aveva insinuato, dell'8 per mille che i grillini vorrebbero cancellare: basti ricordare argomenti come l'Imu o il sostegno alle scuole paritarie, che Alessandro Di Battista, deputato uscente del Movimento in un comizio in provincia di Rovigo ha detto di voler abolire.

Ma è altrettanto evidente che la presunta vicinanza della Chiesa italiana al Pd di Renzi e Gentiloni è una strumentalizzazione. Non si può sbandierare il sostegno della Cei allo ius soli e alle politiche di accoglienza come un sostegno tout court ai Dem. Proprio l'approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili e poi quella sulle Dat hanno contribuito a marcare le distanze.

La linea della Chiesa è quella ribadita dal presidente della Cei nel suo discorso d'apertura dell'ultimo Consiglio permanente: “Ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società”. Queste le tre azioni da mettere in pratica, fin da questa campagna elettorale, con le priorità indicate dal card. Bassetti nel lavoro, come emerso dalla Settimana sociale di Cagliari, e nelle misure a sostegno della famiglia, con un vero patto per la natalità. Su questo, occorre confrontarsi con tutti, tenendo ben presente, come ha sottolineato il porporato, che dialogare non significa negoziare.

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